La Corte d'Assise di Milano ha emesso la sentenza destinata a restare simbolo di giustizia e riflessione. Alessandro Impagnatiello, 33 anni, è stato condannato all'ergastolo con tre mesi di isolamento diurno per il brutale omicidio della compagna, Giulia Tramontano, avvenuto il 27 maggio 2023. Giulia era incinta di sette mesi.

La presidente della Corte, Antonella Bertoja, ha letto il verdetto in un’aula gremita, sancendo la responsabilità dell'ex barman per omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza. Le parole della giudice sono riecheggiate con un peso ulteriore in questa giornata dedicata alla memoria delle vittime di violenza, un monito silenzioso affinché tragedie come questa non si ripetano.

Un “viaggio nell’orrore”

La requisitoria del pubblico ministero Alessia Menegazzo, insieme alla procuratrice aggiunta Letizia Mannella, ha tracciato un quadro agghiacciante dell’omicidio. È stata definita un "viaggio nell’orrore", dove ogni dettaglio del delitto ha rivelato la spietata determinazione di Impagnatiello. La dinamica dell’omicidio è risultata chiara: 37 coltellate hanno posto fine alla vita di Giulia, seguite da un tentativo di occultarne il corpo.

L'accusa ha descritto l’omicidio come l’epilogo tragico di una relazione segnata da menzogne, tradimenti e un'ossessione di controllo. Una perizia psichiatrica ha confermato che Impagnatiello era pienamente consapevole delle sue azioni, escludendo attenuanti legate alla capacità di intendere e volere.

L'abbraccio in aula dei familiari

Tutti i familiari di Giulia Tramontano si sono abbracciati e hanno pianto dopo la condanna di Alessandro Impagnatiello all'ergastolo, in particolare la madre della 29enne, Loredana Femiano, subito dopo il verdetto è scoppiata in lacrime ed è stata abbracciata dal marito Franco, dalla sorella di Giulia, Chiara, e dal fratello Mario. 

Il volto di Giulia: un simbolo di tutte le donne vittime di violenza

Il caso Tramontano ha scosso l’opinione pubblica, non solo per l’efferatezza del crimine, ma per ciò che Giulia rappresenta. Giovane, piena di sogni e progetti, con la gioia della maternità alle porte, è diventata il simbolo di una vita spezzata da chi avrebbe dovuto amarla.

La sentenza non cancella il dolore di una famiglia devastata, ma ribadisce con forza che la giustizia esiste. Il ricordo di Giulia diventa così un appello collettivo, un grido muto che chiede azioni concrete per proteggere le donne e prevenire simili tragedie.