Tutte condannate dal Tribunale (presidente Rotili, a latere Monaco e Nuzzo) le quattro persone che avevano scelto il rito abbreviato nel processo nato dall'inchiesta del pm Francesco Sansobrino e delle fiamme gialle sui concorsi per l'accesso a polizia, guardia di finanza, carabinieri e vigili del fuoco.
In particolare, queste le pene comminate: 8 anni a Claudio Balletta (avvocato Bruno Naso), 69 anni, di Roma, del Dipartimento dei vigili del fuoco, ed Antonio De Matteo (avvocato Antonio Leone),72 anni, di Benevento, funzionario in pensione dei vigili del fuoco; 6 anni e 2 mesi, riconosciuta come prevalente l'attenuante della collaborazione, a Giuseppe Sparaneo (avvocato Domenico Chindamo), 55 anni, funzionario dei vigili del fuoco, di Benevento, e 4 anni e 4 mesi a Vito Russo (avvocato Vincenzo Sguera ), 42 anni, di Benevento, carabiniere in forza a Roma, che rispondeva solo di tre episodi corruzione, a differenza degli altri, ai quali era addebitata anche l'associazione per delinquere.
De Matteo, Balletta e Sparaneo sono stati assolti, perchè il fatto non sussiste, da otto capi di imputazione, Sparaneo anche da altri due, per non aver commesso il fatto. Per Sparaneo, De Matteo e Balletta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, per Russo per la durata di 5 anni.
Gli imputati sono stati infine condannati al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle parti civili, di cui è stata respinta la richiesta di provvisionale: i ministeri dell'Interno e della Difesa con l'avvocato Giuseppe Di Sirio, il Conapo (un sindacato dei vigili del fuoco) con l'avvocato Alfredo Lo Pilato.
Lo scorso 25 maggio il Pm aveva proposto la condanna degli imputati alle seguenti pene: 13 anni per Balletta, 10 anni e 4 mesi per Balletta, 10 anni e 4 mesi per De Matteo, 6 anni e 2 mesi per Sparaneo, al quale aveva riconosciuto l'attenuante della collaborazione (“Ha confessato ciò che non poteva negare ed ha anche indicato le somme incassate dall'associazione: un dato che ci ha permesso di procedere ad un ulteriore sequestro”) e 4 anni e 4 mesi per Russo.
Come più volte ricordato, il rappresentante della pubblica accusa aveva messo nel mirino “i concorsi per polizia, guardia di finanza, carabinieri e vigili del fuoco, la compravendita dei quiz”, il ruolo di Balletta come pubblico ufficiale, al quale “Sparaneo e De Matteo consegnavano una quota dei soldi ricevuti”, il “mercato delle pennette con la banca dati che solo durante il lockdown ha fruttato 200mila euro, con un vantaggio temporale, illecito, per i privati corruttori, che avevano a disposizione le domande prima che venissero pubblicate”.
Una ricostruzione contestata dalle difese, che avevano sollecitato l'assoluzione dei loro assistiti per l'infondatezza delle accuse, di cui era stata contestata anche la qualificazione (chiesta la derubricazione dell'addebito di corruzione .in quello di influenze illecite, ed avevano evidenziato una serie di elementi: la mancata identificazione dei membri delle commissioni di esame, la valenza delle pennette, contenenti quiz che erano reperibili in rete.
113 i presunti beneficiari, il 3 febbraio l'udienza preliminare.
L'inchiesta, rimbalzata all'attenzione dell'opinione pubblica il 12 giugno 2020, è stata supportata da intercettazioni telefoniche ed ambientali. Inevitabile il clamore, scatenato anche da alcuni episodi restituiti dal trojan installato nello smartphone di De Matteo. Uno su tutti: risale al 4 luglio 2019, quando Sparaneo e De Matteo, mentre stavano andando in auto a Roma, erano stati fermati, all'altezza del casello di Castel del Lago, dalla guardia di finanza, che li aveva già messi nel mirino, per un controllo, solo apparentemente di routine. I militari avevano perquisito la macchina, chiedendo cosa ci fosse in quelle due buste sistemate nell'abitacolo. Una conteneva salsicce e braciole, dall'altra erano spuntate tre mazzette da 5mila euro, ciascuna corredata dal nome dei vincitori di un concorso.
De Matteo e Sparaneo si erano presentati come colleghi alle fiamme gialle, il secondo aveva spiegato che il denaro serviva alla figlia che a Roma aveva cambiato casa. Una motivazione che pensavano avesse convinto i finanzieri, che, dopo aver evidentemente fotografato quanto rinvenuto, li avevano lasciati andare senza problemi. Loro erano ripartiti, convinti di averla fatta franca, alla volta della Capitale, perchè salumi e soldi erano destinati, a dire dell'accusa, a Balletta.