Napoli

Thomas Alva Edison, lo sappiamo tutti, è stato l'inventore della lampadina elettrica. O almeno, quello che l'ha messa a punto nella sua forma pressocchè definitiva e poi commercializzata. In realtà è stato molto più di ciò. Ha progettato e spesso anche trasformato in opere fruibili al pubblico più di mille brevetti - per la precisione 1093 - tanto da diventare un vero e proprio "imprenditore dell'innovazione".

È stato, infatti, il primo a creare un istituto di ricerca interamente dedicato alla scoperta e alla produzione continua di novità tecnologiche e al costante miglioramento di quelle esistenti. Il nome di quel luogo magico - ancora oggi simbolo di voglia di migliorarsi e scoprire nuove frontiere sempre più ardite dello sviluppo umano - era ed è Menlo Park, "una comunità non incorporata situata all'interno della Edison Township nella contea di Middlesex, nel New Jersey, degli Stati Uniti d'America".

Edison però, come spesso accade a chi con le sue opere ha mutato il percorso lineare e talvolta monotono dell'uomo dandogli accelerazioni impensate, ha lasciato sul tavolo della storia non solo i suoi brevetti e i suoi sogni, imprenditoriali e non, ma anche qualche massima, ora di saggezza e ora di visionarietá. Tra queste ultime ve n'è una che interessa la professione medica che mi ha sempre colpito. L'uomo che la prestigiosa rivista statunitense Life, in un'edizione speciale doppia, mise al primo posto tra le "100 persone più importanti negli ultimi 1000 anni", evidenziando che la lampada a incandescenza "illumina il mondo", ben più di un secolo fa ha detto che: "Il medico del futuro non darà nessuna medicina, ma convincerà i suoi pazienti a prendersi cura del proprio corpo, della dieta e delle cause e della prevenzione delle malattie".

Solo chi ha il dono della innata grandezza e, pertanto, della preveggenza ad essa connessa, avrebbe potuto immaginare - peraltro in un tempo così lontano (parliamo degli anni '20 circa) in cui l'aspettativa di vita media degli uomini alla nascita non oltrepassava i 50 anni, schiacciati com'erano dall'ignoranza e dall'esposizione praticamente indifesa agli agenti ambientali - che vi sarebbe stato un tempo in cui il medico avrebbe potuto solo ed esclusivamente concentrarsi sull'uomo, lasciando l'incombenza delle malattie (qualora fossero ancora esistite) a una entità terza, progettata e realizzata allo scopo di sorvegliare il benessere dei suoi inventori. O almeno così mi piace leggere quelle parole del genio statunitense, quasi come se fossero il presagio di un "avvento" tecnologico supremo (l'Intelligenza Artificiale?) che prendesse su di sé il fardello gestionale e burocratico dello stato di malattia per lasciare al medico solo quello (ben più lieve) di istitutore e regolatore dello stato di salute. Il contrario (un mondo senza malattie) sarebbe stato utopico e azzardato immaginarlo, anche per chi come lui realizzava chimere.

Non credo che anche un superuomo come Thomas Alva Edison potesse, infatti, ragionevolmente pensare che la Terra fosse capace di tornare a essere la Valle dell'Eden, senza peccati né peccatori, senza sofferenze e senza farmaci. Immaginarmi un Edison profetico - per quanto sognatore - lo trovo più appropriato di un Edison vaneggiante o, peggio, illuso (se non volutamente illudente). Tanto più che di lì a poco un poeta sempre d'oltreoceano, peraltro sostanzialmente misconosciuto ai più, Richard Brautigan, avrebbe pubblicato, in una raccolta omonima, una poesia dal titolo inglese "All Watched Over by Machines of Loving Grace" ("Tutto sorvegliato da macchine di amorevole grazia") nella quale, "seguendo l’ondata di entusiastica fiducia verso lo sviluppo tecnologico di quegli anni, descrive un’utopia tecnologica dove le macchine migliorano e proteggono l’uomo in una nuova relazione con il paesaggio naturale. Non esisterebbe così più distinzione tra natura e tecnologia: entrambi gli elementi sarebbero in una mutuale armonia che permetterebbe all’uomo di essere finalmente libero".

Sembra lo scenario che si prefigura chi oggi crede fermamente (per proprio tornaconto o meno) che l'IA rivoluzionerà la medicina e ogni altro campo dello scibile umano e "ci renderà tutti per sempre migliori".