Quel giorno, Ashli Babbitt, Rosanne Boyland, Kevin Greeson e Benjamin Phillips persero la vita mentre la folla devastava le sale del Campidoglio. Quattro persone, portate dalla convinzione che la vittoria di Trump fosse stata “rubata”, perirono in un attacco alla sede della democrazia americana. Le immagini di Babbitt, colpita mentre tentava di entrare nelle aree riservate del Congresso, e delle centinaia di facce di una folla inferocita, restano oggi a monito di un’America profondamente divisa.
Il “Trumpismo”
Quel 6 gennaio 2021, il Congresso si era riunito per formalizzare la vittoria di Joe Biden. Fuori, migliaia di sostenitori di Trump contestavano il risultato, inaspriti dai suoi ripetuti proclami di brogli mai dimostrati. Al grido di "Stop the Steal", la protesta degenerò rapidamente in una violenta irruzione. I sostenitori dell’ex presidente, tra cui membri di QAnon e gruppi paramilitari, abbatterono le barriere e invasero Capitol Hill, distruggendo uffici e minacciando l’incolumità dei legislatori. Solo quattro ore dopo, la Guardia Nazionale riuscì a ristabilire l’ordine.
Un monito che suona attuale: le parole di Biden
Nel 2024, con la sconfitta di Kamala Harris alle elezioni, Joe Biden ha sottolineato il valore della democrazia con una frase che sembra riassumere il significato di quanto accadde tre anni prima: “Non puoi amare il tuo Paese solo quando vinci.” Quelle parole, apparentemente riferite al momento attuale, riecheggiano gli eventi del 6 gennaio come un commento universale sull’atteggiamento distruttivo che Trump ha incarnato, rifiutando qualsiasi risultato sfavorevole.
Le indagini su Trump e il pericolo della normalizzazione
Mentre si susseguono i processi che vedono Trump accusato di aver istigato la rivolta, l’elezione stessa dell’ex presidente nel 2024 riaccende il dibattito sulla natura della democrazia americana. Con Trump nuovamente in corsa, la tentazione di ridimensionare quella giornata drammatica è concreta, eppure il significato di Capitol Hill resta immutato. Biden, con una semplice frase, ci ricorda che il rispetto per le istituzioni e la democrazia non è negoziabile.