Il dibattito sulle tensioni tra magistratura e governo italiano si è riacceso con forza, segnando un nuovo capitolo in una storia di confronti già visti in passato, ma ora caratterizzati da una complessità crescente. L’attuale presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia, ha sottolineato come il panorama sia cambiato rispetto ai precedenti scontri tra potere giudiziario e l’esecutivo, facendo un confronto implicito con il periodo del governo Berlusconi. Quello che un tempo era il tema delle "toghe rosse" limitato ai pubblici ministeri sembra essersi esteso a un più ampio ventaglio di aree giurisdizionali, inclusi i tribunali civili che trattano delicati temi come l’immigrazione.

Il convegno organizzato da Magistratura Democratica ha rappresentato un'occasione per riflettere sul ruolo della giustizia e sul rispetto delle regole costituzionali in un contesto in cui i giudici si trovano spesso bersaglio di accuse politiche. Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica e giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, ha espresso una preoccupazione profonda per la crescente polarizzazione del dibattito pubblico. «In tasca non abbiamo il libretto di Mao né il Capitale di Marx, ma la Costituzione», ha affermato Albano con enfasi, rimarcando l’impegno della magistratura a difendere il quadro costituzionale senza alcuna ideologizzazione.

L’accusa di politicizzazione della magistratura, alimentata da etichette come "giudice comunista", è vista come un sintomo di una democrazia in cui le tensioni tra poteri dello Stato rischiano di sfociare in un confronto aperto. Albano ha ribadito l’importanza di separare il dibattito giuridico dal gioco politico, ricordando che i magistrati hanno il dovere di applicare le leggi e i principi sanciti dalla Costituzione e dal diritto europeo. La supremazia di quest'ultimo è stata difesa da una pluralità di voci, che vanno dalle associazioni di avvocati penalisti agli studiosi di diritto europei, sottolineando che la sua osservanza non è una questione di opinione, ma un obbligo giuridico.

Nel contesto attuale, la sfida sembra non essere soltanto tecnica o giuridica, ma anche profondamente politica. Come ha sottolineato Santalucia, il pericolo di una nuova polemica è reale e potrebbe avere conseguenze negative per l’equilibrio democratico. Se da un lato è fondamentale che le istituzioni continuino a dialogare, dall’altro è altrettanto importante che tale confronto sia condotto nel rispetto della legittimità costituzionale e senza che vengano compromessi i principi dello Stato di diritto.

Il convegno si è chiuso con un appello alla responsabilità, non solo da parte della magistratura ma anche del governo e delle forze politiche. La Costituzione resta il punto di riferimento, non un semplice emblema di una parte, ma un fondamento comune da rispettare e proteggere. In questo scenario, il messaggio delle toghe è chiaro: non si tratta di lotta politica, ma di un impegno a preservare i valori democratici e l'autonomia della giustizia in un periodo di tensioni crescenti.