L’elezione presidenziale negli Stati Uniti tra Kamala Harris e Donald Trump avrà un impatto profondo non solo sugli americani, ma sul mondo intero, che osserva con attenzione i possibili sviluppi nelle relazioni globali. Dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente agli equilibri economici con la Cina, ogni alleato e avversario dell’America potrebbe risentire delle scelte di uno dei due candidati. Esploriamo le posizioni di Harris e Trump sui dossier internazionali più caldi, a cominciare dai focolai di crisi in Medio Oriente, fino all’ambizioso confronto con la Russia e la Cina.

Gaza e Libano: strategie divergenti per il Medio Oriente

Entrambi i candidati riconoscono l’importanza di porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza, ma le vie proposte sono sostanzialmente differenti. Kamala Harris, democratico e vice-presidente dell’attuale amministrazione, si allinea alla politica di Joe Biden, che punta sulla diplomazia e sul sostegno ai negoziati per una soluzione a due Stati. Harris auspica un “chiaro percorso” che porti alla formazione di uno Stato palestinese, e ha spinto per una maggiore attenzione ai bisogni umanitari a Gaza. Tuttavia, non appoggia la sospensione delle forniture di armi a Israele, una mossa che potrebbe metterla in difficoltà tra i progressisti del suo partito e tra la comunità arabo-americana.

Donald Trump, invece, è incline a sostenere la vittoria militare israeliana e, se necessario, accetterebbe un’occupazione permanente della Striscia di Gaza. Durante la sua presidenza ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e sostenuto il controllo israeliano del Golan, una visione che tende a limitare le prospettive per uno Stato palestinese autonomo.

La questione dell’Iran, alleato di Hezbollah e Hamas, pesa fortemente sulle posizioni di entrambi i candidati. Harris condanna il sostegno iraniano ai gruppi armati della regione, ma Trump ricorda la sua decisione di abbandonare l’accordo nucleare del 2015, ritenendolo inefficace per arginare l’influenza di Teheran.

Ucraina e Russia: un sostegno in bilico

Il conflitto ucraino è al centro della politica estera Usa e vede i due candidati distanti. Trump ha mostrato reticenza verso l’appoggio incondizionato a Kyiv, attribuendo in parte la responsabilità dell’invasione russa al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Una posizione che lascia intendere la possibilità di negoziati di pace accelerati e vantaggiosi per Mosca, qualora Trump tornasse alla Casa Bianca. In contrasto, Harris prosegue sulla linea Biden, con un sostegno militare e diplomatico a Kyiv, e propone di consolidare l’impegno Usa nel mantenere una posizione di fermezza contro l’aggressione russa.

Europa e Nato: una alleanza da preservare o ridiscutere?

La Nato resta il pilastro della sicurezza transatlantica, ma i due candidati hanno idee diverse sul ruolo che gli Stati Uniti dovrebbero ricoprire. Harris difende l’Alleanza come garante della stabilità in Europa e sostiene una presenza forte dell’America in ambito Nato. Trump, che durante la sua presidenza ha più volte minacciato di rivedere il contributo americano all’Alleanza, continua a sottolineare la necessità che i membri Nato aumentino il proprio impegno finanziario, lasciando intendere che gli Usa potrebbero ridurre il proprio coinvolgimento se i partner non facessero la loro parte.

Cina: tra confronto e cooperazione

Le tensioni con la Cina sono un altro elemento chiave di questa campagna elettorale. Harris è favorevole a una politica di contenimento, che includa sanzioni mirate e misure a protezione delle tecnologie critiche, ma mantiene aperta la porta per un dialogo sulle sfide comuni, come il cambiamento climatico. Trump, invece, adotta un approccio più deciso, criticando la dipendenza economica degli Stati Uniti dalla Cina e promettendo di favorire il “decoupling”, cioè un progressivo disimpegno economico da Pechino.

Un bivio per la politica estera Usa

La scelta tra Harris e Trump segnerà il futuro delle alleanze, dei conflitti e dell’equilibrio globale. Mentre Harris sembra propendere per un multilateralismo misurato, allineato agli standard dell’amministrazione Biden, Trump rappresenta una visione più isolazionista e pragmatica, orientata verso una minore dipendenza dalle alleanze internazionali. La posta in gioco è alta e riguarda anche il destino di Paesi e regioni lontane dagli Usa, ma sempre più vicine nelle sfide globali del XXI secolo.