Napoli

Il Napoli supera (anche) l'ostacolo Lecce con il massimo sforzo e la minima gloria. Umberto Chiarello guida la folta (e nuova di zecca) schiera dei sostenitori del "corto muso", manco fossero diventati tutti juventini. Dall'altra parte della barricata resisto imperterrito io e, per quanto non sia affatto solo, mi sento - fino a prova contraria - come un Leonida con i suoi trecento spartani. La situazione è tutta a favore loro.

Del resto i neocultori del pragma, i pragmatici appunto, si attengono ai fatti, e i fatti dicono in modo oramai inequivocabile, per quanto provvisorio, che il Napoli è primo e ci rimarrà per tutta questa tornata di campionato. Cosa posso mai obiettare, tanto più che il tecnico dei partenopei a fine partita ha detto con piglio risoluto che il Napoli contro il Lecce ha "dominato"?

Premesso che gli azzurri hanno rischiato alla fine di pareggiarla, ricordo al buon Antonio Conte che l'occasione più ghiotta per segnare di tutta la partita l'hanno avuta gli ospiti e non i padroni di casa. Ma scendiamo alle ragioni del mio ormai consolidato scetticismo - peraltro più volte espresso su queste pagine - nei confronti del Napoli e delle scelte compiute questa estate dalla società per costruire una squadra già pronta a riscattarsi e a vincere. La prima, e anche la più logica, è tutta in una domanda: "perché Antonio Conte percepisce il suo lauto stipendio se la squadra - come largamente dimostra a ogni partita - è fragile, inconcludente e incompiuta?".

È vero che domani si rigioca, ma è bastato che all'assenza (a mio giudizio irreparabile) di Stanislav Lobotka si aggiungesse un minimo di tournover praticato dell'allenatore in vista della impegnativa trasferta a San Siro contro il Milan (escludendo dalla formazione titolare Khvicha Kvaratskhelia e Matteo Politano), per vedere scendere in campo al Maradona una squadra lenta e impacciata, tanto più se Conte stringe le ali e gioca col 4-2-3-1.

Il Napoli - lo riscrivo per la milionesima volta - manca di rincalzi degni di questo nome a centrocampo e in attacco paga la scarsa forma (o la senescente mediocrità) di Romelu Lukaku, come l'incomprensibile e persistente declino tecnico di Giacomo Raspadori. E questo non sarebbe nulla se non si aggiungessero gli ineffabili arbitri italiani. L'ultimo della specie mutata è tal Paride Tremolada, un'altra inutile giovane speranza nel nulla assoluto dell'AIA. Come può permettersi di giocare male una squadra che è tanto avversata nelle alte sfere? Altro che corto muso, nel golfo di Napoli vige la regola del corto respiro.