Quella che segue è una recensione, curata dall'avvocato Mariacristina Tammaro, di “Ombre in cerca di ascolto”, il libro di Paolo Cendon: il mondo della fragilità in 28 racconti. La pubblichiamo volentieri.
Questa raccolta di racconti è incentrata sui fragili, sui loro bisogni più o meno semplici, più o meno riconoscibili, più o meno sostenibili. Ciascun tema è trattato in maniera discorsiva con periodi semplici, con un lessico scorrevole, e con un sapiente utilizzo della punteggiatura. L’Autore passa con leggerezza e semplicità espressiva, dai dialoghi alle descrizioni.
“Ombre in cerca di ascolto” appartiene al genere narrativo del racconto breve, in parte realistico in parte di invenzione (relativamente alle persone ed ai luoghi, ma non ai fatti), che tratta di persone fragili tutte più o meno vere, anche se ognuna in misura diversa, tutte con un “carico” umano ed emotivo profondamente commovente. Leggendo i racconti sembra di sentire parlare l’Autore. E’ lui che descrive i personaggi, queste “margherite che perdono un petalo al giorno”, con la competenza tecnica e la maestria di chi scatta una fotografia.
Nell’ “Amica celeste”, l’Autore parla di sé, non so quanto inconsapevolmente. E’ lui il sapiente narratore, abile come nessun altro, a distillare le scene madri, facendo sospirare a chi ascolta gli sviluppi dell’intreccio”. Entrare nella trama di “Ombre in cerca di ascolto” e trarre le conclusioni, è un viaggio nella vita dei fragili, alla scoperta di un mondo complicato con cento segreti e misteri, mille esigenze piccole o macroscopiche.
L’azione dei personaggi è importante di per sé, perché ognuno di loro ha un messaggio da comunicare, un bisogno da esprimere, un dolore nascosto, il personale “martirio del cuore”, come l’idea di fallimento che attanaglia Benedetta (il personaggio principale dell’ “Amica celeste”), cui sorge il dubbio che “nemmeno i peccati le sono riusciti bene”. Narra di quel senso di sconfitta che attanaglia tutti noi, quando, dopo l’ennesimo colpo andato a vuoto, l’ultimo di una esistenza senza meriti, ci fa constatare che disastro sia la nostra vita.
Come nel “ciclo” di Marcus la cui fragilità trae origine dalla insicurezza che gli proviene dagli sguardi maliziosi degli altri, e dalla consapevolezza di avere “un viso non comune, nell’insieme, di uno come in attesa di qualcosa; l’aria semi addormentata, una creatura ai confini del mondo. Parlando di sé Marcus dice: “Se fossi stato un animale non sarei stato una pantera, né un falco; un rospo piuttosto, da fossato di campagna; guardingo per temperamento, poco minaccioso come indole”.
Quanti Marcus con disagi esistenziali non reggono la sfida lanciata da quegli sguardi maliziosi, dallo sghignazzare dei compagni che diventa col tempo atto persecutorio, e non trovano la forza per reagire, neppure per chiedere aiuto, e intraprendono strade senza ritorno, a volte fino al gesto estremo.
“Ombre in cerca di ascolto” è una perla di struggente bellezza che trasuda dalle sue righe il sentimento della pietas verso i “fragili”, quegli esseri in difficoltà relegati nell’ombra, tragicamente inascoltati, di cui solo un’anima nobile può sentire la voce, ma è al contempo anche uno strumento per l’Operatore del Diritto, perché attraverso il racconto di queste “esistenze sfiorite”, l’Autore fornisce gli strumenti per gestire la vita dei fragilicon la minore limitazione possibile.
L’ascolto di queste “Ombre”, infatti, è tradotto dall’Autore in una narrazione che va oltre, che traduce e filtra e sublima in azioni concrete, l’ “ascolto” delle loro voci, come accade in “Una madre racconta”, dove la presa emotiva del racconto di questa donna, è la scintilla che fa nascere nella mente dell’Autore, il “Profilo Esistenziale di Vita”, una sorta di Carta dei Diritti del fragile, da utilizzare nel momento in cui rimarrà solo al mondo.
La narrazione, quindi, diventa l’occasione per fornire indicazioni precise, sulla differenza tra la “fragilità privatistica” e il “mondo delle disabilità”, argomento tratteggiato dall’Autore in maniera esaustiva in pochi passaggi. Tutta la teoria sul Profilo Esistenziale di Vita, com’è nato, a cosa serve, come funziona, in poche semplici parole. “Ombre in cerca di ascolto”, è un viaggio nella vita dei fragili, alla scoperta di un mondo complicato e variegato, con tante necessità ed esigenze, con tanti desideri nascosti, che hanno bisogno di essere interpretati e cristallizzati in un “piano operativo”, a vantaggio del fragile. Ma è anche il viatico, la cassetta degli attrezzi, dell’Operatore del Diritto.
L’Autore, infatti, traccia la via, e indica gli strumenti per interpretare e tradurre in azione, le necessità dei fragili, per sostenere e “assecondare” le loro esigenze, per contenere il loro disagio e la loro fragilità, con la minore limitazione possibile, e fino a quando, “se le cose funzionano, il guinzaglio scomparirà quasi del tutto”, come accade a Michele nel racconto “Viva gli sposi”. Oppure come accade al protagonista del racconto “Toyota Yaris e dintorni”, dove fragilità non fa rima con incapacità.
Giulio dice: “So di essere un pò strano a volte, se non reco disturbo però, lasciate che sia io a decidere”. Sicché, il Decreto giudiziale “sulla Yaris”, non solo è interessante per il caso in sé, ma assurge a simbolo, per gli esperti di “debologia”, di una nuova maniera di vedere il mondo, che sta affermandosi sempre più nel diritto, secondo cui anche gli esseri meno dotati, devono poter fare e avere, quello che desiderano, nella misura del possibile.
In “Toyota Yaris e dintorni”, l’Autore fornisce degli esempi pratici, che possono essere utili all’Operatore del Diritto, anche per comprendere fin dove può osare, per concedere ai fragili “non problematici”, di poter fare e avere quello che desiderano, con riferimento a tutti gli atti elementari dell’esistenza quotidiana, perché, come sostiene l’Autore, “le cose di ogni giorno sono uguali per tutti”. Questo racconto è interessante anche perché, offre una panoramica rapida, ma esaustiva, sulle fragilità, sulle soluzioni, e sulle vie d’uscita dagli inghippi mentali nei quali rimaniamo intrappolati al cospetto dei “fragili”. Basta cambiare la prospettiva, “Finché tutto resta nell’ordine delle cose, nessun cambiamento magari, il giorno però che i ruoli si invertono...” le cose prendono un’altra piega. Come nel racconto “Il Mondo alla rovescia”.
Anche in “Suona il campanello”, fragilità non fa rima con disabilità, né con incapacità. Claire sembra addirittura poter avere una sua sessualità, anche se “chiamarla spastica è dire poco: paralisi cerebrale, una schiena storta, arti come grissini, volto sottile, corpo deforme, 43 chili. Lingua sempre fuori, penzoloni, denti radi, occhi ghignanti verso l’alto: dipende dagli altri anche per i bisogni primari, come una neonata”. Ma, chi lo può dire? Quando Alan bussa al campanello tutto può succedere! Fragilità non fa rima con disabilità né con incapacità, soprattutto quando il malessere fisico è transitorio, o quando la patologia, pur essendo irreversibile, non inficia le capacità intellettive e logico/deduttive, come nel racconto “Incontri dal vivo” che narra della vita che si dipana all’Istituto per i sordomuti o nel Sanatorio.
“Non era un posto uguale agli altri, quel sanatorio, tutte quelle ragazze e quei ragazzi, un po’ pallidi, che cercavano di guarire completamente”, sono lo specchio di tutti quelli che vivono situazioni di transitoria fragilità e che cercano di guarire completamente, dai piccoli mali che li affliggono. Persone che con il loro carico di sofferenza, nella loro fragilità, sono in grado di impartire lezioni di vita, come accade al protagonista di questa storia, che conclude il suo racconto constatando: “Non ho mai imparato tanto della vita in così poco tempo, non ho più palpitato tanto intensamente”.
Il fragile non è necessariamente disabile nè incapace, a volte la sua è solo un’esistenza sfiorita inciampata nella rete della dipendenza dall’ alcool o dalla droga, come Patricia, inciampata nel suo assassino, perché “nel decreto, il giudice tutelare non aveva scritto che fosse obbligata a rimanere dentro la comunità”, dove era stata collocata, per gravi problemi di tossicodipendenza. Queste esistenze sfiorite, fragili, di una fragilità estrema, che le espone alle frequenti ricadute nella tossicodipendenza, che finisce per schiacciarle, o per portarle a morte tragica e violenta, come il personaggio di questa novella, vanno tutelate attraverso provvedimenti, che lungi dall’essere coercitivi, sono custodenti, in condizioni di particolare disagio del fragile, laddove cioè il fragile ha bisogno di essere “contenuto” per evitare che faccia del male a se stesso o ad altri. La serietà quanto al pericolo di esiti drammatici rappresenta in questi casi un’adeguata giustificazione, alle eventuali lacune nel decreto.
L’inciampo però non è rappresentato solo dall’alcool o dalla droga, spesso è costituito dalla ludopatia, che porta in rovina, insieme con le persone, intere famiglie. Sul punto l’Autore indica la strada da seguire, che passa attraverso la rete composta da Giudice Tutelare Servizi Sociosanitari e famiglia. Una rete che stringe con il fragile un “Patto” a suo vantaggio, il “Patto di Rifioritura”, dove la rete costituita a tutela del fragile si impegna a seguirlo in un percorso di recupero che a sua volta il fragile si impegna a seguire.
L’Amministratore di Sostegno gestirà oltre che le sue sostanze anche il suo tempo libero ed il suo percorso di cura, finché ne esca fuori. Il dubbio che non si possa curare una persona, contro la sua volontà, per via del limite posto dall’art. 32 della Costituzione, viene meno anche in considerazione del fatto che un giocatore d’azzardo non è un matto, come non lo è l’alcolizzato, l’anziano malato e solo, le persone con disturbi alimentari, e cede il passo ad ogni incertezza, proprio al cospetto di queste ultime figure di fragili, per le quali c’è in ballo il bene stesso della vita. Sicché, se non è possibile imporre all’anoressica di curarsi, è necessario però, fare “tutto il possibile per evitare che la ragazza muoia”, attribuendo all’Amministratore di Sostegno, ad esempio, la facoltà di prestare il consenso per l’ingresso in una comunità specializzata, o il potere di infilarle in bocca un cucchiaino di miele.
Quindi, se non è possibile far luogo a un trattamento sanitario contro la volontà dell’interessato, esiste la possibilità per il Giudice Tutelare di redigere Decreti in cui si stabilisce che l’Amministratore di Sostegno può, a certe condizioni, decidere lui al posto del fragile, e tanti sono gli ambiti di cui l’ADS si occupa da tempo: casa, tempo libero, sport, riservatezza, vacanze, immissioni, riabilitazione, separazione e divorzio, scelta dei farmaci, terapia di gruppo, entrata in comunità.Il giudice civile è l’unico a poter tenere il passo con tutto ciò, ad organizzare una rete (il Gruppo Istituzionale di Ripristino) di soggetti attorno al fragile, che stingano con lui un “Patto di Rifioritura” che, anche laddove il fragile cambi idea, prosegua il suo corso nel suo interesse.
In questa raccolta di racconti, l’Autore scala le vette altissime del Diritto, percorrendo strade che nessun altro può percorrere, perché mentre gli altri ripetono nozioni che hanno letto senza averle mai interiorizzate e comprese fino in fondo, egli elabora ed esprime concetti di una levatura immensa, incomprensibili ai più. Nulla a che vedere con il giurista comune, egli penetra il Diritto con un coinvolgimento emotivo sublime, soprattutto quando approccia le tematiche del danno alla persona e della tutela dei fragili, per i quali ha fatto più lui, con la sua intelligenza acuta e la sua raffinata sensibilità, che mille associazioni umanitarie.