Avellino

“L’ennesima aggressione a due agenti penitenziari nel carcere di Avellino, a cui ha fatto seguito la “missione punitiva” contro un detenuto al quale con ferocia è stato tagliato il lobo dell’orecchio e rotto un braccio, sono la “prova provata” che le carceri campane, insieme a quelle siciliane e pugliesi, come denunciamo da sempre, sono le peggiori d’Italia perché non c’è più alcun controllo da parte dello Stato”.

Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato polizia penitenziaria sollecitando che “almeno in questa gravissima occasione Parlamento e politica si fermino un minuto a riflettere per individuare responsabilità e misure di emergenza. Non si può più far finta di nulla, sminuire fatti gravissimi o magari, come è accaduto sinora, derubricarli ad “ordinaria amministrazione” che non hanno assolutamente nulla di “ordinario”.

Da mesi si è raggiunto il punto più allarmante e critico di non ritorno alla legalità. Il personale penitenziario non è stato assunto per condurre una guerra nelle carceri oppure si abbia il coraggio di cambiare le “regole di ingaggio”.

Si deve ammettere - continua Di Giacomo - che ogni tentativo di tutelare l’incolumità del personale, facendo ricorso a scudi, guanti ed altri strumenti, è fallito. Altra “prova provata” sono i circa 3000 agenti in malattia a seguito di aggressioni che dall’inizio dell’anno hanno raggiunto il record di vittime: circa 2000 servitori dello Stato.

In questa situazione sono aumentati i casi di “resa dei conti” tra clan e gruppi criminali che impongono il proprio comando alla popolazione carceraria contando sull’atteggiamento dello Stato che ha ammainato bandiera bianca.

Anche sulla questione degli organici è necessaria un’operazione verità perché le sbandierate 2600 nuovi assunzioni da parte del Governo al netto di dimissioni (300 in poche settimane) e dei prepensionamenti e pensionamenti (500 l’anno) si riducono a poche centinaia di unità.

L’S.PP. che ha già svolto numerose iniziative di mobilitazione attraverso la campagna stampa e il tour tra le carceri intensificherà la propria attività chiedendo ad istituzioni e politici di non limitarsi a dichiarazioni di circostanza e alla società civile, con le sue articolazioni associative in particolare di familiari di vittime, il sostegno diretto.