A una settimana dall’approvazione nel Consiglio dei Ministri del 15 ottobre, la Legge di Bilancio 2025 è finalmente giunta alla fase finale. Dopo la firma del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il testo è stato trasmesso al Parlamento, dove prenderà avvio la discussione. Con un valore complessivo di 28,5 miliardi di euro, la manovra tocca diverse aree cruciali per l’economia italiana, ma già emergono tensioni e polemiche, soprattutto riguardo ai provvedimenti sulle pensioni e ai bonus per i lavoratori trasferiti.

Bonus casa per i lavoratori trasferiti: un passo verso il rilancio della manodopera

Uno dei punti centrali della nuova manovra è il bonus casa per i lavoratori trasferiti, un incentivo richiesto dalla Confindustria per contrastare la carenza di manodopera specializzata in diverse aree del Paese. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha illustrato questa misura durante una manifestazione della Lega a Genova: si tratta di una detrazione fiscale di 5.000 euro per le spese relative al trasferimento della residenza, sostenute sia dal lavoratore che dall’azienda. Questo incentivo fiscale escluderà tali spese dal pagamento delle imposte, alleviando così i costi legati alla mobilità del personale.

Questa misura rappresenta un primo passo all’interno del Piano Casa richiesto dalle imprese, volto a migliorare l’attrattività del territorio italiano per i lavoratori e a ridurre gli squilibri territoriali nel mercato del lavoro.

Il bonus in busta paga cambia volto

Un’altra novità riguarda il bonus in busta paga per i dipendenti, che subirà una trasformazione rispetto al 2024. Invece del taglio al cuneo contributivo, che ha coinvolto 13 milioni di lavoratori, nel 2025 sarà introdotta una nuova detrazione fiscale. Il ministro Giorgetti ha spiegato che, a differenza del passato, la nuova detrazione non scomparirà improvvisamente al superamento di 35 mila euro di reddito annuo, ma verrà ridotta progressivamente fino ad annullarsi a 40 mila euro. Questo cambiamento allargherà la platea dei beneficiari, coinvolgendo ulteriori 1,3 milioni di lavoratori.

Successo dei BTP: asta record e fiducia dei mercati

Nonostante le previsioni più prudenti del Fondo Monetario Internazionale e della Confindustria, che hanno rivisto al ribasso la crescita economica dell’Italia per il 2024 (stimata allo 0,8%), il Tesoro ha ricevuto un segnale di fiducia dai mercati. L’ultima asta di BTP ha visto richieste per 206 miliardi di euro a fronte di un’offerta di soli 13 miliardi, stabilendo un record assoluto.

Questo risultato è stato salutato con entusiasmo dal governo, che ha sottolineato come la fiducia degli investitori sia una prova della solidità delle politiche economiche messe in campo. Giorgetti ha colto l’occasione per replicare a chi pronosticava un fallimento dell’attuale esecutivo, evidenziando come la riduzione dello spread e il miglioramento del rating siano risultati concreti di una gestione oculata delle finanze pubbliche.

Pensioni minime: polemiche e insoddisfazioni

Uno dei temi più controversi della Legge di Bilancio riguarda il minimo pensionistico, che dovrebbe aumentare di soli 6 euro al mese, portando l’assegno da 615 a 621 euro. Questo incremento, pari al 2,7% più l’1% di perequazione, è stato definito “un’elemosina” da Carlo Rienzi, presidente del Codacons, sollevando forti critiche da parte delle associazioni dei pensionati.

La manovra conferma anche misure come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale, offrendo soluzioni flessibili per l’accesso anticipato alla pensione. Inoltre, per i lavoratori con sistema previdenziale contributivo che non raggiungono la soglia minima a 67 anni, potrebbe essere prevista la possibilità di utilizzare il TFR per compensare i contributi mancanti.

Stipendi dei dirigenti pubblici: tetti e opposizioni

Altra questione scottante è la proposta di Giorgetti di ridurre il tetto degli stipendi dei dirigenti pubblici, attualmente fissato a 240.000 euro, portandolo a 160.000. La misura riguarderebbe anche i vertici di enti, fondazioni e associazioni che ricevono finanziamenti pubblici. Tuttavia, la proposta incontra forti resistenze all’interno della stessa maggioranza, con Forza Italia e Noi Moderati schierati contro. Dario Damiani, senatore di FI, ha sottolineato come una riduzione così drastica possa spingere figure apicali del settore pubblico verso il privato, con possibili ricadute negative sulla gestione delle istituzioni.