Quel giorno, il 16 gennaio 2022, quando il piccolo era arrivato con la mamma, loro erano in servizio come infermieri – uno al triage- al pronto soccorso del Fatebenefratelli. "Il bimbo era vigile, ben tenuto", hanno detto questa mattina, ascoltati come testimoni nel processo, in corso dinanzi alla Corte di assise (presidente Rotili, a latere Monaco più la giuria popolare), a carico di J. C., la 26enne di Benevento accusata di aver maltrattato ripetutamente, almeno sei settimane prima che il suo cuore si fermasse per sempre, Gabriel, il figlioletto di 5 mesi, morto il 28 gennaio 2022 al Santobono di Napoli.
Rispondendo alle domande del pm Maria Gabriella Di Lauro, degli avvocati Gerardo Giorgione (per l'imputata), Vincenzo Sguera e Fabio Russo (per il padre e la nonna paterna, parti civili), una infermiera, in particolare, ha spiegato di aver visto che il bambino aveva “un grande ematoma alla testa, a sinistra” che, a dire della madre, "era dovuto ai colpi che il giorno pima gli aveva assestato con una spazzola un cuginetto molto vivace”.
Un ematoma “vasto” – ha poi precisato il pediatra di turno che era intervenuto – presente “soprattutto nella regione parietale, ma anche in quella occipitale e temporale sinistra”. Il medico ha aggiunto che aveva anche una “piccola ecchimosi alla palpebra di nessuna importanza” e “qualche graffio alla fronte che si era procurato graffiandosi con le unghie”, gli aveva riferito l'allora 24enne, che anche allo specialista aveva ripetuto la circostanza dei colpi con una spazzola, avvenuta mentre lei non c'era ed il figlio era affidato alla sorella ed al cognato”.
Il professionista ha ricordato “l'assenza di problemi neurologici, l'esito negativo di una radiografia del cranio e i risultati di un prelievo di sangue che avevano restituito una lieve anemia possibile a quell'eta”. Negative erano state anche “una ecografia cerebrale ed addominale alle quali il neonato era stato sottoposto durante il ricovero, dal 16 al 20 gennaio”. Quando – ha concluso – era stato dimesso “perchè stava bene, giocava, si alimentava, e l'ematoma era regredito”. Insomma, un quadro clinico per nulla preoccupante, confermato da uno specializzando del Fatebenefratelli che aveva visitato Gabriel il 18 gennaio.
Il bimbo era tornato a casa, ma la sera del 25 gennaio era stato trasportato d'urgenza, evidentemente perchè stava male, al pronto soccorso del San Pio dove era stato sottoposto ad una Tac e dichiarato in prognosi riservata per un trauma alla fossa cranica posteriore. “Era in una situazione comatosa”, ha affermato la dottoressa che l'aveva visitato (“Ci saremmo accorti dell'esistenza di fratture solo se scomposte”), per questo ne era stato disposto l'immediato trasferimento, compiuto in elicottero, al Santobono, dove, nonostante gli sforzi dei sanitari, aveva smesso di vivere.
Alla donna, che era in aula, vengono attribuite una serie di condotte nei confronti della vittima che gli avrebbero procurato lesioni inquadrabili nella cosiddetta sindrome del bambino maltrattato.
Erano state queste le conclusioni del medico legale Emilio D'Oro, del neurochirurgo Tommaso Tufo e della neonatologa Beatrice Leopardo, che avevano curato l'autopsia, stabilendo che la morte era stata causata da un'emorragia cerebrale post traumatica causata da una lesione da scuotimento della testa. Gli stessi specialisti avevano poi accertato anche la presenza di una serie di fratture, più o meno consolidate, ai polsi, al torace ed agli arti inferiori. Le prossime udienze sono state fissate per il 4 febbraio ed il 22 aprile 2025.