"Se anche per l’amministrazione penitenziaria Italiana si applicasse il “sistema Albania” (impiego di poliziotti penitenziari nel centro per rimpatri) dove c’è una proporzione di 2,25 agenti per ogni detenuto avremmo almeno il doppio di agenti e in tasca al personale penitenziario che lavora nel nostro Paese andrebbe tre volte il salario attuale.

Parliamo di almeno 3.500 euro al mese rispetto all’attuale media di 1.400 euro/mese. È evidente che il “sistema Albania” crea sperequazioni troppo forti ed alimenta non poche lamentele ed indignazioni tra il personale penitenziario anche sulle modalità di selezione per la “missione albanese”. Non è casuale l’alto numero di autocandidature (circa 3 mila).

Ad affermarlo è il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo ricordando che sono passati 22 anni dall’ultima missione all’estero per agenti penitenziari: era il 2002, quando furono impiegati dalle Nazioni Unite in Kosovo, nel quadro del Penai Management & Sion.

Dal Governo e nello specifico dalla Premier Meloni che ha dedicato impegno, tempo ed energie per il Centro in Albania ci aspetteremmo – aggiunge – almeno un decimo dello stesso tempo impiegato da dedicare ai noti e gravi problemi delle carceri italiane e delle condizioni di lavoro dei servitori dello Stato. Anche per la spesa complessiva dell’Italia abbiamo serie e fondate riserve se non altro perché il Governo – dice Di Giacomo – in questa stagione di rinnovo contrattuale non è in grado di reperire le risorse finanziarie ad aumentare dignitosamente i salari del personale e ad investire per la sicurezza dello stesso costretto a fronteggiare le quotidiane aggressioni e violenze di detenuti.

Dunque la “missione Albania” acuisce il diffuso scoramento perché ci sentiamo abbandonati al nostro destino di servitori dello Stato che, purtroppo, da troppo tempo ha ammainato bandiera bianca. Non abbiamo più alcuna speranza. Anzi temiamo fortemente che tra rivolte, aggressioni e tentativi di fuga, in uno scenario apocalittico, tra il personale penitenziario ci possa scappare il morto. È evidente che il recente decreto carcere approvato dal Consiglio dei Ministri si è risolto in un fallimento perché non contiene nessuna delle misure straordinarie che abbiamo richiesto.

È altrettanto evidente che la gestione del ministro Nordio e del sottosegretario Del Mastro ha troppe lacune e che ha contribuito ad accrescere il clima di forte tensione che si vive negli istituti.

A nome di tutti i colleghi che quotidianamente nello svolgimento del proprio dovere rischiano la propria incolumità e delle loro famiglie che vivono grandi apprensioni – rinnova l’appello Di Giacomo - continuiamo a chiedere alla Premier un autorevole intervento, un segnale immediato e chiaro che lo Stato è con noi e non con criminali e malavitosi che comandano dalle carceri e che continuano a sfidarci. È ora di ripristinare la piena legalità e di tutelare non solo gli agenti ma tutti i cittadini sotto la minaccia di chi sta in carcere".