“So che posso dare ancora di più”. Roberto Soriano racconta i suoi primi due mesi da calciatore della Salernitana. In una lunga intervista a “La Città di Salerno”, il mediano italo-tedesco alza l’asticella per le ambizioni granata e applaude il gruppo a disposizione di Giovanni Martusciello: “La vittoria di Palermo è stata una liberazione – ammette il mediano italo-tedesco -. La meritavamo tutti per quello che abbiamo dato in allenamento anche quando i risultati non ci hanno sorriso. Condizione? Non ancora al top. L’infortunio di Bolzano non ci voleva. Quanto ho rosicato per quel colpo alla tibia, mamma mia! Ritornavo a giocare dopo oltre due anni e avevo sensazioni positive. Arriva il debutto e ti infortuni restando fermo due settimane. Ero arrabbiato ma poi ripensando a quanto ho sofferto negli ultimi anni ho voltato subito pagina.
Obiettivo? Questo ancora non lo so, è ancora presto. Però abbiamo fiducia e attendiamo con grande carica la sfida con lo Spezia, squadra che non ha mai perso in stagione. Magari gli facciamo uno scherzetto come in Coppa Italia. Idea Salernitana? Il direttore Petrachi mi ha chiamato. Lo avevo avuto già al Torino. Non vedevo l’ora di rimettermi in gioco e mi sono preso solo due giorni per sistemare tutto e arrivare a Salerno. Poi ho parlato col mister Martusciello che avevo avuto come secondo ad Empoli in serie B. Lui è stato molto convincente. E poi mi stuzzicava essere protagonista in un’idea di gioco offensiva”.
Soriano fa i complimenti allo spogliatoio ma in particolare ad Amatucci: “Con Ferrari, Stojanovic, Jaroszynski sentiamo il dovere di essere un esempio sia in campo che fuori ed essere un aiuto. Però non ci sono solo i più maturi a far vedere come si fa. Ad esempio c'è Amatucci. E’ un calciatore straordinario: magari non parla tanto ma per come si approccia al lavoro, per il professionista che è, per l’essere sempre positivo con i compagni, per i suoi modi sa essere un modello da seguire. Io lo reputo un leader silenzioso. Anzi vorrei che tutti i giovani possano essere come lui. E anche io sono così. Parlo poco ma magari c’è quella parola al compagno, quella corsa in più che fa la differenza”.
Infine il ricordo di Mihajlovic: “Mi ha fatto giocare con continuità e ha tirato fuori il meglio di me. Quando arrivò alla Samp non giocavo tantissimo. Dopo il primo allenamento mi chiama nello spogliatoio e mi dice: “Se sei questo, con me giocherai sempre”. Da allora non mi ha più tolto dal campo. Per non parlare dell’aspetto umano. Ci ha dato tanto fino all’ultimo giorno della sua vita. Lo abbiamo visto in tutte le condizioni e nel progredire della malattia. Ma non si è mai sottratto al suo impegno con noi. Ricordo quando venne a Verona al Bentegodi nel debutto con il Bologna. Nei giorni precedenti promise allo spogliatoio che ci sarebbe stato. E fu così. Quella resta la fotografia di cosa era Sinisa”.