L'espressione "ritirarsi sull'Aventino" affonda le sue radici nell'antica Roma, precisamente nel 494 a.C., quando la plebe romana decise di ritirarsi sull'Aventino, uno dei sette colli della città. In quel periodo, la società romana era divisa tra patrizi, i cittadini più ricchi e potenti, e plebei, la classe popolare che si sentiva esclusa dai diritti e dalle decisioni politiche. La secessione della plebe sull'Aventino fu un atto di protesta collettiva: i plebei si ritirarono in massa su questo colle, abbandonando la città e rifiutandosi di prestare il loro lavoro e il loro servizio militare.
Questo gesto, che paralizzò la vita cittadina, rappresentava una forma di pressione sui patrizi affinché concedessero maggiori diritti e riconoscimenti ai plebei. Fu proprio grazie a questo ritiro che vennero istituiti i Tribuni della plebe, i primi rappresentanti politici degli interessi dei più poveri nella Repubblica Romana. Il ritiro sull'Aventino si trasformò così in un simbolo di rivendicazione politica e di lotta per la giustizia sociale.
L'Aventino del 1924: una protesta contro il regime fascista
La frase "ritirarsi sull'Aventino" venne ripresa nel corso della storia e trovò una nuova, drammatica attualità nel 1924, durante uno dei momenti più critici per la democrazia italiana. Dopo l'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato in Parlamento le violenze e le irregolarità compiute dal Partito Nazionale Fascista durante le elezioni, i deputati dell'opposizione decisero di abbandonare l'aula parlamentare come forma di protesta. Questo gesto fu definito "Aventino" in riferimento al ritiro della plebe romana e simboleggiava la volontà di non legittimare, con la loro presenza, un Parlamento ritenuto complice delle violenze fasciste.
Il "ritiro sull'Aventino" del 1924, però, non ebbe gli esiti sperati. Mentre i deputati dell'opposizione rimasero fuori dalle istituzioni, Mussolini rafforzò ulteriormente il suo potere e impose definitivamente la dittatura. L'episodio rimase comunque un simbolo del rifiuto morale e politico di accettare la repressione e l'autoritarismo.
Un'espressione nel linguaggio comune
Oggi, dire "ritirarsi sull'Aventino" significa in genere prendere una posizione di rifiuto o di isolamento di fronte a una situazione ritenuta inaccettabile. Nel linguaggio comune, questa espressione è spesso usata per indicare l'abbandono di una discussione o di un contesto nel quale non ci si riconosce, senza però voler contribuire a cambiarlo attivamente. A differenza delle sue origini storiche, oggi il ritiro sull'Aventino assume talvolta una sfumatura di rinuncia o di sconfitta, come se rappresentasse la scelta di chi preferisce ritirarsi piuttosto che combattere. La storia della frase "ritirarsi sull'Aventino" riflette due momenti cruciali della storia italiana: la lotta dei plebei per i loro diritti nell'antica Roma e il tentativo di resistere alla deriva autoritaria del fascismo nel 1924. Nel linguaggio moderno, il suo significato si è ampliato e adattato, rimanendo però sempre legato all'idea di una protesta, di un rifiuto di partecipare a qualcosa ritenuto inaccettabile. Un modo di dire che ci ricorda come, a volte, anche il semplice atto di allontanarsi possa essere un potente messaggio politico.
Ma come andò a finire per i plebei?
Dopo la secessione della plebe sull'Aventino nel 494 a.C., i plebei riuscirono a ottenere alcune importanti concessioni dai patrizi, che cambiarono significativamente la struttura politica della Repubblica Romana. Tra i principali risultati della protesta ci furono:
1. Istituzione dei Tribuni della plebe
Il risultato più significativo della secessione fu l'istituzione della carica di Tribuni della plebe. I tribuni erano magistrati eletti direttamente dai plebei, con il compito di difendere i diritti della loro classe sociale contro eventuali abusi dei patrizi. La loro principale prerogativa era il diritto di veto, che permetteva loro di bloccare decisioni del Senato o di altri magistrati che ritenevano dannose per i plebei.
2. Creazione degli Edili della plebe
Oltre ai tribuni, furono creati anche gli Edili della plebe, magistrati incaricati della gestione delle questioni quotidiane della plebe, come l'organizzazione dei mercati e la cura degli edifici pubblici utilizzati dai plebei. Anche questa carica aveva una funzione di protezione e rappresentanza degli interessi della classe plebea.
3. Riconoscimento dei diritti plebei
La secessione segnò un passo importante verso il riconoscimento dei diritti civili e politici dei plebei. Questo evento avviò un processo di graduale integrazione della plebe all'interno delle strutture di potere della Repubblica Romana, riducendo le profonde disuguaglianze tra patrizi e plebei. Sebbene ci siano voluti decenni per ottenere ulteriori concessioni, come la possibilità per i plebei di accedere a cariche maggiori e di contrarre matrimonio con i patrizi (Legge Canuleia del 445 a.C.), il ritiro sull'Aventino rappresentò il primo passo significativo verso un'uguaglianza politica.