Napoli

Napoli-Monza al Maradona era la classica buccia di banana. Veniva, infatti, dopo tre vittorie consecutive in campionato e il timido e sparagnino pareggio contro la Juventus, ma anche dopo il 5 a 0 di Coppa Italia contro il Palermo che, per quanto la si vuol vedere come una partita con una storia a sé e contro una squadra non da prime posizioni in serie B, comunque raccontava di una applicazione e una intensità indiscutibilmente mostrate dagli azzurri in pieno tournover, laddove spesso si erano fatte in circostanze simili storiche figuracce in passato. Non solo. Lo scontro casalingo con i biancorossi brianzoli apriva un ciclo di partite considerate dai più "abbordabili" e che avrebbe potuto consegnare ai posteri una squadra, quella campana, già da domenica sera, prima in solitaria in campionato, con la chicca peraltro di sei prime per sei partite.

Insomma, la tavola era pronta e imbandita per le grandi occasioni, benché il match non fosse proprio di cartello, solo perché poteva riportare il Napoli al centro della scena dopo un periodo inspiegabilmente oscuro e triste durato un'intera stagione e dopo uno scudetto strameritatamente vinto in quella precedente. Voltarsi indietro non era mai stato, perciò, più opportuno di così, non tanto e non solo per il senso di onore e rivincita che doveva stare in tutte le menti e in tutti i cuori dei calciatori azzurri, ma soprattutto perché quella sfida, a dirla tutta neanche cosi memorabile, poteva ridare all'intera compagine societaria (calciatori in testa), ai suoi tifosi e alla stessa città un - per così dire - "senso di primato" che avrebbe fatto bene a tutto l'ambiente e avrebbe potuto proiettarlo verso più mirabolanti traguardi.

Insomma, al di là delle tre gare a venire, la cui "facilità" anche sulla carta era tutta da dimostrare, Napoli-Monza era il primo snodo cruciale dell'intera stagione - al netto di altri che ne sarebbero potuti seguire e più di quello appena passato in terra piemontese - e non poteva essere fallito, primato o non primato. Il Napoli ci arrivava con i soliti dubbi tattici, raccontati egregiamente dagli addetti ai lavori con numeri da rompicapo: 3-4-3, 4-2-3-1, 4-1-4-1, 3-5-2,l e 4-3-3. Ecco, la vera insidia per la squadra di Conte nella partita casalinga contro il Monza poteva stare proprio in questa scelta non ancora chiara e compiuta sul come disporsi in campo, non dico per sempre, ma almeno con una ragionevole e proficua continuità. La preferenza alla fine cadeva sul 4-3-3 (o meglio sul 4-2-3-1). Quella più logica, ma anche la più giusta e vincente. Quel "senso di primato" tanto agognato così era un fatto.