Avellino

L’escissione del prepuzio dei maschietti è una pratica antica diffusa in numerose culture. In un articolo pubblicato lo scorso luglio su “The American Journal of Bioethics” il filosofo Brian Earp apporta nuovi argomenti etici contro la circoncisione quando la stessa non è giustificata da una necessità sanitaria.

Questo parere è condiviso da migliaia di filosofi e medici, me compreso. I dibattiti riguardo la circoncisione sono generalmente centrati sulla questione di sapere se i benefici attesi per i ragazzi sono superiori ai rischi nei quale gli stessi potrebbero incorrere.

Riguardo ai rischi vi è quello, raro ma catastrofico, di un intervento sbagliato con conseguente mutilazione dell’organo. Il rischio di emorragia è sempre presente. Tra i rischi meno vitali ma più frequenti vi è quello di una perdita della sensibilità sessuale e dell’aspetto estetico.

I benefici attesi dipendono dalla giustificazione avanzata per la circoncisione. Quando essa è praticata per ragioni religiose o culturali, il beneficio è quello dell’integrazione in una comunità. La circoncisione può ugualmente essere praticata per delle ragioni di igiene. Negli Stati Uniti essa è diffusa dato che alcuni medici pensano che essa possa prevenire la masturbazione. Attualmente la pratica è promossa soprattutto perché diminuirebbe il rischio di contrarre un’infezione sessualmente trasmissibile, tra cui l’AIDS.

A tale scopo l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ne preconizza l’uso in Africa. Si tratta di una circoncisione massiva di ragazzi. Il problema è che la circoncisione protegge gli uomini ma non le donne. Inoltre essa diminuisce il rischio di infezione solo del 60/70%. Inoltre gli uomini circoncisi, pensando di essere protetti, aumentano i comportamenti a rischio. Pertanto il rapporto rischio/beneficio resta dibattuto. L’articolo di Brian Earp lascia da parte i calcoli beneficio/rischio e sposta il dibattito su di un piano strettamente etico.

Egli parte dalla costatazione che le escissioni genitali, non giustificate da un punto di vista medico, quando vengono praticate sulle ragazzine, sono considerate come delle mutilazioni sessuali e costituiscono delle violazioni dei diritti umani. Nello stesso tempo esiste un consenso crescente sull’idea che le operazioni mirate a dare un’apparenza “normale” agli organi genitali di bambini trans non sono più accettabili.

Queste posizioni etiche si basano sull’idea che ogni bambino ha diritto all’integrità del suo corpo e alla sua autonomia sessuale futura. Da adulto, nella maggiore età, egli può certo procedere a modificazioni del suo corpo, anche irreversibili e irreparabili, nell’ambito di una libera scelta. Queste considerazioni si applicano particolarmente agli organi genitali che, in tutte le culture, hanno uno statuto particolare e sono specificamente protetti dalla maggior parte dei codici penali, in particolare riguardo ai bambini. Pertanto le disposizioni legali e sanitarie che proteggono gli organi genitali delle ragazze e dei bambin trans da ogni intervento non necessario dal punto di vista medico, ma fanno eccezione per i maschietti, sono eticamente incoerenti e devono essere corrette. Non farlo si tratterebbe di una discriminazione sessista.

Il diritto dei maschietti alla loro integrità fisica è uguale a quella delle ragazze e a quella dei giovani trans.