Benevento

“Quando io guardo gli altri, persino coloro che amo,li vedo davvero?”. E' l'interrogativo con il quale Massimo Gramellini chiude questa mattina la sua rubrica quotidiana ('Il caffè') sul Corriere della sera, dedicata all'incredibile e drammatica storia di Chiara, la ventenne della provincia di Parma che è stata arrestata con l'accusa di aver ucciso due bimbi dati alla luce a distanza di un anno e di averne poi seppellito i corpicini nel giardino della sua abitazione.

Ho letto che il giorno dopo il secondo parto la ragazza sarebbe partita con i suoi per un viaggio, testimoniato dalle foto sui social che la ritraggono negli Stati Uniti e sembrano restituire l'immagine di una persona completamente indifferente a ciò che avrebbe combinato. Tutti a chiedersi, inevitabilmente: come ha fatto a comportarsi in quel modo, a fingere? Non conosco la vicenda se non attraverso i resoconti giornalistici, ecco perchè ancor di più non mi permetto giudizi.

Una piccola e banale riflessione però l'avanzo, e non sul terribile gesto di cui sarebbe resa responsabile. La sanzione giudiziaria, se ci sarà, la costringerà a fare i conti con se stessa e la sua coscienza. E' giovanissima, ma anche lei, come tantissimi, appare preda di una solitudine lacerante che si prova ad allontanare postando un clic, magari da una meta agognata dai più, che in rete dà la sensazione di appartenere ad una platea virtuale nella quale ingenerare un pizzico di invidia. Eccomi, io ci sono, gridano in silenzio quei frame.

La vita reale è però tutt'altra cosa, ti pone costantemente di fronte a scelte che possono risultare determinanti, e il sentirsi parte di una comunità dovrebbe costituire un antidoto. Al di là dell'abito bello e all'ultima moda, dello smartphone che fa tutto, della scuola e di un eventuale fidanzato. E invece non va così, perchè ci sentiamo soli anche con coloro che sono pronti ad ogni evenienza per proteggerci.

Gli sguardi che riceviamo sono spesso distratti e fugaci, non colgono i momenti di sconforto, non riescono a intuire ciò che ci tormenta l'anima, rendendoci vulnerabili. Una debolezza alla quale ci abbandoniamo, tentando di contrastarla con l'effimero e l'inutile che crediamo possa migliorarci nei rapporti con l'esterno, con ciò che circonda. Tutto inutile: abbiamo bisogno non di chi ci guarda, ma di chi ci vede.