Oggi a Bruxelles, Mario Draghi ha presentato un rapporto fondamentale sul futuro della competitività dell'Europa, delineando un quadro complesso di sfide e opportunità per l'Unione Europea. L'ex presidente della Banca Centrale Europea ha sottolineato la necessità di un impegno congiunto e coordinato per rafforzare l'innovazione nei settori chiave, in particolare nei semiconduttori, un settore strategico per la sovranità tecnologica del continente.
Una visione sociale per l'Europa del futuro
Draghi mette anche in evidenza l'importanza di un solido stato sociale europeo, capace di fornire servizi pubblici, protezione sociale, alloggi, trasporti e assistenza all'infanzia durante la transizione verso l'economia del futuro. L'UE, sostiene, deve garantire che tutti i lavoratori abbiano diritto all'istruzione e alla riqualificazione. Questo aspetto sociale è essenziale per raggiungere un equilibrio tra crescita economica e giustizia sociale, avvicinandosi all'esempio statunitense in termini di produttività e innovazione, ma senza gli "inconvenienti sociali" del modello americano.
Sfide economiche e necessità di investimenti
Draghi non nasconde le sfide economiche che l'Europa dovrà affrontare per raggiungere i suoi obiettivi. "Le esigenze di finanziamento richieste all'UE per raggiungere i suoi obiettivi sono enormi," scrive nel rapporto, indicando che saranno necessari investimenti aggiuntivi di almeno 750-800 miliardi di euro l'anno, equivalenti al 4,4-4,7% del PIL dell'UE nel 2023. A titolo di confronto, gli investimenti del Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 rappresentavano solo l'1-2% del PIL dell'UE. Questo aumento richiederà un'inversione della tendenza decrescente degli investimenti in molte delle maggiori economie europee.
Una strategia comune per affrontare le grandi trasformazioni
Il rapporto di Draghi identifica tre grandi trasformazioni che l'Europa deve affrontare. La prima è la necessità di accelerare l'innovazione e di trovare nuovi motori di crescita. La seconda riguarda la riduzione dei prezzi elevati dell'energia, continuando il processo di decarbonizzazione e la transizione verso un'economia circolare. Infine, la terza trasformazione implica l'adattamento a un contesto geopolitico sempre più instabile, dove le dipendenze diventano vulnerabilità e l'Europa non può più contare sugli altri per la propria sicurezza.
Draghi avverte che i Paesi dell'UE stanno rispondendo a questo nuovo contesto con politiche più assertive, ma spesso lo fanno in modo frammentario, compromettendo l'efficacia collettiva. Da qui l'invito a un maggiore coordinamento e a una visione strategica comune che possa rafforzare la posizione dell'Europa sulla scena globale.
Un piano per rafforzare l'Innovazione nei semiconduttori
Nel rapporto, Draghi ha evidenziato l'importanza di "massimizzare gli sforzi congiunti" per incrementare la presenza dell'Europa nei segmenti dei chip più avanzati. Nonostante l'annuncio di investimenti per circa 100 miliardi di euro nell'ambito dell'European Chips Act, Draghi avverte che un approccio frammentato potrebbe indebolire il coordinamento tra gli Stati membri. Pertanto, propone la creazione di uno stanziamento di bilancio centralizzato dell'UE dedicato ai semiconduttori, supportato da un nuovo "fast track" simile a quello degli Important Projects of Common European Interest (Ipcei).
Il rapporto propone una strategia articolata su quattro punti chiave per rafforzare la competitività europea in questo settore. Primo, finanziare l'innovazione e creare laboratori di prova vicino ai centri di eccellenza esistenti. Secondo, offrire sovvenzioni o incentivi fiscali alle aziende "fabless" attive nella progettazione di chip e nelle fonderie in segmenti strategici. Terzo, sostenere l'innovazione nei chip tradizionali. Infine, coordinare gli sforzi dell'UE negli imballaggi avanzati 3D back-end, nei materiali avanzati e nei processi di finitura. Questo approccio integrato punta a colmare il divario dell'Europa con le altre potenze tecnologiche globali, come gli Stati Uniti e la Cina.
Basta rimandare le decisioni, è ora di agire
"In questo contesto, avremo bisogno di una vera e propria 'politica economica estera' dell'Ue per mantenere la nostra liberta' - una cosiddetta statecraft. L'Ue dovra' coordinare gli accordi commerciali preferenziali e gli investimenti diretti con i Paesi ricchi di risorse, costituire scorte in aree critiche selezionate e creare partenariati industriali per garantire la catena di approvvigionamento delle tecnologie chiave. Solo insieme possiamo creare la leva di mercato necessaria per fare tutto questo", ha aggiunto Draghi.
"La pace è il primo e principale obiettivo dell'Europa. Ma le minacce alla sicurezza fisica sono in aumento e dobbiamo prepararci. L'Ue e' collettivamente il secondo paese al mondo per spesa militare, ma questo non si riflette nella forza della nostra capacita' industriale di difesa. L'industria della difesa e' troppo frammentata, il che ostacola la sua capacita' di produrre su scala, e soffre di una mancanza di standardizzazione e interoperabilita' delle attrezzature, che indebolisce la capacita' dell'Europa di agire come una potenza coesa. E' evidente che l'Europa e' al di sotto dei risultati che potrebbe raggiungere se agisse come una comunita'", ha poi proseguito.
Gli ostacoli a questo modello, secondo Draghi, sono tre.
"In primo luogo, l'Europa manca di concentrazione. Definiamo obiettivi comuni, ma non li sosteniamo stabilendo priorita' chiare o dando seguito ad azioni politiche congiunte. In secondo luogo, l'Europa sta sprecando le sue risorse comuni. Abbiamo una grande capacita' di spesa collettiva, ma la diluiamo in molteplici strumenti nazionali e comunitari. In terzo luogo, l'Europa non si coordina dove e' importante, ha osservato l'ex premier.
Massicci investimenti per armi e difesa
"Il deterioramento delle relazioni geopolitiche crea anche nuove esigenze di spesa per la difesa e la capacità industriale di difesa. L'Europa si trova ora ad affrontare una guerra convenzionale al confine orientale e una guerra ibrida ovunque, compresi gli attacchi alle infrastrutture energetiche e alle telecomunicazioni, l'interferenza nei processi democratici e l'armamento della migrazione. Allo stesso tempo, la dottrina strategica degli Stati Uniti si sta allontanando dall'Europa e si sta spostando verso l'area del Pacifico - ad esempio nel formato dell'AUKUS - sulla spinta della minaccia percepita dalla Cina. Di conseguenza, la crescente domanda di capacità di difesa è soddisfatta da un'offerta in calo, un vuoto che l'Europa stessa deve colmare. Tuttavia, grazie a un prolungato periodo di pace in Europa e all'ombrello di sicurezza degli Stati Uniti, solo dieci Stati membri spendono oggi più o meno il 2% del PIL in linea con gli impegni della Nato, sebbene le spese per la difesa siano in aumento. L'industria della difesa necessita di investimenti massicci per recuperare il ritardo".