Benevento

Il decesso del lavoratore di una ditta in stato di procedura fallimentare va rimesso nuovamente dinanzi al Tribunale di Benevento. E' quanto stabilito dalla Cassazione rispetto ad una storia che affonda le sue radici nel 2017, quando gli eredi dell'uomo avevano deciso di incardinare la causa per risarcimento danni contro la ditta presso cui lavorava, ritenendo sussistere il nesso di causalità tra il lavoro svolto e la malattia contratta che lo aveva portato al decesso.

Le tappe della vicenda vengono ripercorse dagli avvocati Davide D'Andrea, Angelina Picciuto e Dionisio Lombardi, che ricordano come “il Tribunale di Benevento, nella persona del giudice delegato fallimentare, prima, ed il medesimo Tribunale di Benevento, quale giudice dell'opposizione avverso il successivo giudizio di opposizionedecreto di diniego”, avessero “rigettato la domanda proposta all'insinuazione al passivo, sul principale presupposto di inammissibilità per intempestività “....della domanda di ammissione tardiva del credito....” e che “.....l’istanza di ammissione al passivo proposta dal ricorrente, deve essere qualificata come ultra tardiva ex art. 101 ultimo comma legge fallimentare, e non è stata fornita la prova della non imputabilità del ritardo nella sua proposizione.....”; il tutto, ritenendo di dover applicare retroattivamente “....il nuovo codice della crisi di impresa, che fissa il termine per la proposizione delle istanze supertardive in 60 giorni dal momento in cui è cessata la causa che ha impedito il deposito tempestivo...”.

In altri termini, aggiungono i legali, “trattandosi di risarcimento chiesto ad un datore in fase fallimentare, sia il Giudice delegato del fallimento del Tribunale sannita sia il Tribunale adito in sede di opposizione”, avevano ritenuto di “rigettare le doglianze ricorrenti, sulla scorta di una inammissibilità inesistente e di una norma non applicabile retroattivamente al caso di specie”.

Una “inammissibilità inesistente ed una inapplicabilità retroattiva della disposizione prevista dal codice di impresa, al caso di specie, sancite a seguito del ricorso proposto in Cassazione. Aderendo a tutti i motivi, la Suprema Corte “con una ordinanza comunicata in data odierna, ha riferito testualmente che “....nel Caso di specie la ricorrente deduce di aver acquisito consapevolezza del credito solo quando è stato accertato il nesso di causalità tra la morte del proprio congiunto e l'attività lavorativa svolta presso la società fallita e ha indicato la data di presentazione della domanda amministrativa all'Inail per la richiesta di risarcimento danni per la predetta malattia professionale, e cioè il 24.01.2017, data che è stata ritenuta dal Tribunale come quella dalla quale far decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione dell'istanza di ammissione al passivo secondo le disposizioni del nuovo codice dell'impresa".

Sul punto - continuano- "è fondato il secondo motivo di ricorso essendo non applicabile retroattivamente tale normativa introduttiva del termine di sessanta giorni. Questa interpretazione ha portato il Tribunale a non tenere conto, ai fini della valutazione della ammissibilità della domanda ultratardiva, della circostanza per cui la proposizione dell'istanza di ammissione al passivo è avvenuta il primo dicembre 2017 e cioè entro l'anno dalla acquisita consapevlezza del nesso eziologico fra la morte del congiunto e l'attività lavorativa svolta alle dipendenze della società fallita data che è stata riconosciuta dal Tribunale, con accertamento, non più oggetto di possibili contestazioni, coincidente con la data di presentazione all'Inail della domanda amministrativa”.

Da qui l'accoglimento del ricorso e il rinvio al Tribunale di Benevento in diversa composizione.