Benevento

 

di Michele Iacicco

Gianni Caruso ci ha lasciato. Finché ha potuto ha diretto gli allenamenti dei suoi ragazzi, quelli che nel corso degli anni erano diventati un pezzo della sua famiglia. Il Professore era una guida, dentro e fuori dal campo di atletica. A 78 anni non aveva rinunciato a trasmettere quei valori che lo hanno accompagnato nel suo viaggio terreno. Qualche giorno fa l’ultima lezione di sport e di vita affidata alle pagine social della sua Libertas: “La forza di volontà, il sacrificio, la perseveranza… vi ho insegnato questo nello sport, ma vi serviranno anche nella vita, credetemi. Abbiate sempre rispetto verso chi lavora con voi e per voi”. Parole che rendono l’idea di chi è stato Gianni Caruso. Un burbero allenatore quando serviva, un attento confessore quando la vita prendeva il sopravvento sull’atletica, un secondo padre per molti. Era capace di urlare a squarciagola, di punzecchiare con battute taglienti e anche di carezze a volte inattese. Il bello dello sport, della vita, dell’amore per i suoi atleti che erano spesso solo dei ragazzini con l’animo ribelle o con mille fragilità. Di successi ne ha festeggiati tanti: dai titoli italiani dei fratelli Marco e Stefano Tremigliozzi nel salto in lungo, fino alle due avventure a cinque cerchi di Teo Caporaso nella 50 km di marcia. Con i primi due ha dovuto usare molto bastone e carota. “Avevano un talento spaventoso” ci ha spesso raccontato il Professore. “Però quante soddisfazioni mi hanno dato i due fratelli, facevo fatica a controllarli o a farli venire al campo, ma ne abbiamo vissute di gare memorabili. Ovviamente potevano fare di più”. Gianni Caruso era fatto così, non si accontentava mai perché nello sport e nella vita bisogna sempre provare a raggiungere il massimo. Quello che ha fatto Teo Caporaso, con lui c’era una connessione speciale. “Ci ha portato alle Olimpiadi -raccontava soddisfatto- un regalo meraviglioso fatto da un ragazzo eccezionale, però non lo ringraziamo troppo che la carriera di un marciatore è lunga, deve farne ancora tanti di chilometri”. Di giovani ne ha visti tanti. Con la sua Libertas ha vinto titoli inattesi e soprattutto ha insegnato l’arte della vita a molti giovani. Ecco perché quel campo di atletica potrebbe essergli intitolato, per Gianni Caruso parlano i risultati sportivi e anche quelli umani che sono più importanti di qualsiasi medaglia.