Benevento

La Camera Penale di Benevento, con una delegazione composta dagli avvocati Simona Barbone, presidente, Nico Salomone, componente di Giunta e membro dell’Osservatorio nazionale carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane, Laura Cancellieri, Fiorita Luciano e Andrea Tranfaglia, nell’ambito dell’iniziativa “Ristretti in agosto”, organizzata dall’Osservatorio Carcere dell’UCPI, ha visitato oggi la casa circondariale di Benevento.

Grazie alla disponibilità e alla guida del direttore Gianfranco Marcello e del vice comandante della polizia penitenziaria Alessandra Iandiorio, oltre che del personale di P.P., la delegazione ha fatto ingresso nei reparti maschile e femminile. In una lunghissima nota si legge che "rispetto alla capienza regolare di 261 unità, sono presenti attualmente in istituto 412 detenuti (così suddivisi, 259 definitivi, 70 in attesa di 1° giudizio, 42 appellanti, 37 ricorrenti, 1 internato provvisorio), di cui 204 AS (alta sicurezza), 82 MS (media sicurezza), 10 in isolamento fiduciario, 22 protetti, 83 donne (di cui 15 in settore protetti), 4 autorizzati al lavoro esterno ex art. 21 O.P. e 6 semiliberi. Il descritto sovraffollamento grava sulle spalle del personale di polizia penitenziaria (in evidente affanno) e civile, determinando difficoltà di ogni tipo, sul piano logistico-organizzativo e trattamentale.

Il personale di polizia penitenziaria consta di 215 agenti, tra posizioni apicali, dirigenti (2), ispettori (27), sovrintendenti (29) e agenti assistenti (157), tra i quali permane una sensibile e problematica situazione di sottorganico (rispetto ai 174 agenti assistenti previsti in pianta organica), aggravata dal sovraffollamento. Il personale civile composto dai funzionari giuridico-pedagogici (cd. “educatori”) consta di unità sotto la decina (6) che si rivelano carenti in rapporto alle esigenze del “trattamento intensificato/individualizzato” per i detenuti, che dovrebbero di fatto vivere il carcere all’esterno della singola cella, impegnati in attività rieducative e di reintegrazione. Al fine di assicurare l’attività trattamentale prevista dall’O.P. sarebbero necessari all’interno dell’Istituto penitenziario almeno due educatori per ogni sezione, cosa che almeno per il momento appare irrealizzabile".

Una criticità definita "significativa insiste ancora nel settore sanitario: sono previsti in organico 7 medici e 13 infermieri per la continuità assistenziale; come specialisti interni, vi sono unicamente una ginecologa e una dentista. Il resto delle visite specialistiche è demandato all’esterno con lunghi tempi di attesa. Il turno giornaliero del singolo medico presente in istituto lo costringe a ritmi massacranti; lo stesso vale per il personale infermieristico. Sotto il profilo dell’assistenza psichiatrica, l’ASL garantisce in concreto la presenza di uno psichiatra (a rotazione) all’interno dell’istituto solo per quattro volte al mese (che di fatto si riducono spesso a due o tre al mese), assolutamente insufficiente, oltretutto con un’attività limitata a non più di 5 consulenze per ogni accesso (dal marzo 2023 ad oggi, sono state effettuate quasi trecento consulenze psichiatriche, il che è indicativo di una folta presenza in carcere di detenuti con disagio, numeri rispetto ai quali l’assistenza fornita, come descritta, si rivela appunto gravemente inadeguata). L’articolazione sanitaria, inoltre, in generale, è priva di autonomia strutturale, situata al fianco del reparto MS e con équipe a rotazione con organico strutturalmente carente.

L’articolazione Ser D dell’ASL territoriale garantisce per un solo giorno a settimana la presenza di proprio personale (medico, psicologo e sociologo in équipe) ai fini dell’assistenza ai detenuti tossicodipendenti (attualmente circa 40 in struttura); anche qui numeri insufficienti".

L’Istituto "garantisce attività scolastica (scuola dell’obbligo, istituto alberghiero ed altri corsi di formazione) e lavorativa; all’interno è presente una sartoria dotata di strumenti all’avanguardia, dunque in grado di produrre lavori sartoriali di buona fattura (in fase pandemica erano state prodotte mascherine per la cittadinanza e ordinariamente vengono prodotte divise per i lavoranti e manutenute le divise della polizia penitenziaria). Più limitata è l’attività trattamentale di tipo culturale e ricreativo, demandata come sempre alla buona volontà dei volontari, che pur organizzano eventi teatrali e cinematografici all’interno dell’istituto, con una certa frequenza, anche grazie all’impegno della Direzione, degli educatori e degli agenti. I locali palestra interni ai reparti sono desueti e sostanzialmente inutilizzati, con macchine ormai fuori uso e obsolete. I locali per la socialità appaiono spogli, in particolare nel reparto comuni, con connesse forti lamentele dei detenuti. L’istituto ha attivato ormai da tempo un servizio e-mail per le comunicazioni con i detenuti ed ha implementato, per i colloqui, l’utilizzo delle videochiamate, pur avendo ripristinato il sistema ordinario delle visite in vigore precedentemente all’emergenza pandemica. È sempre presente in struttura il “totem” elettronico messo a disposizione dei detenuti per la spesa, oltre che una ludoteca utilizzata per i colloqui con i familiari dei detenuti con figli e un servizio anagrafe per i documenti di identità.

Per quanto appreso direttamente dal personale e soprattutto dai detenuti medesimi, le visite al carcere da parte dei magistrati di sorveglianza per i colloqui richiesti e periodici sono effettuate di rado; e negli ultimi anni i colloqui si svolgono prevalentemente (quasi esclusivamente) con modalità telematiche. A tale carenza, si aggiunge – sempre in termini di colloqui con i detenuti – il peso dell’assenza di un vice direttore in pianta stabile".

Sul vbersante delle lamentele, se ne raccoglie più di qualcuna "da parte dei detenuti per l’acqua calda presente ad intermittenza in alcuni reparti a causa di problematiche strutturali, acqua calda oggi praticamente assente da oltre un mese ai piani superiori (in particolare al quarto, media sicurezza). La Direzione ha completato i lavori per risolvere tale disagio, ma la recente problematica della carenza d’acqua a Benevento colpisce l’istituto in modo grave, determinando forti tensioni tra i detenuti. Almeno temporaneamente, vista l’urgenza, la Direzione ha messo a disposizione dei detenuti del reparto comuni bombolette per il riscaldamento dell’acqua. Il servizio lavanderia, che per anni e ancora oggi serve anche la struttura di Ariano Irpino, presenta disfunzioni in qualche reparto.

Le celle, nonostante il sovraffollamento, appaiono in condizioni mediamente accettabili, con qualche caso più evidente di spazio eccessivamente ristretto, ai limiti delle misure ritenute “umane”, secondo i criteri individuati dalla CEDU, dalla giurisprudenza di legittimità e dalla legislazione nazionale".

Il carcere di Benevento, in definitiva, "si appalesa come un istituto penitenziario che tra le mille difficoltà connesse alla carenza di fondi, personale, strutture e alla scarsa attenzione della Politica e delle Istituzioni, si muove lungo una linea di buona gestione e impegno che garantisce ascolto e detenzione mediamente “sopportabile”, ma con l’urgenza ormai non più rimandabile di provvedere da parte delle autorità sanitarie competenti a garantire una concreta assistenza psichiatrica, e sanitaria in generale, degna di un Paese civile. La scelta legislativa di “esternalizzare” la sanità penitenziaria ha contribuito a condurre allo stato critico attuale: la sanità regionale appare spesso “sorda” rispetto alle problematiche dei detenuti, lenta, farraginosa e carente. È assolutamente necessaria un’inversione di rotta.

Più in generale, la grave condizione di sovraffollamento rende cogenti interventi legislativi di deflazionamento detentivo/carcerario, interventi seri ormai non più rinviabili; provvedimenti come l’amnistia e/o l’indulto, oltre che una seria estensione della gamma delle misure alternative alla detenzione e dell’applicazione della liberazione anticipata".