Napoli

C'è qualcosa che continua a non quadrarmi del Napoli che sta pian piano nascendo.

Non so cosa sia quello che mi guida in questa convinzione - istinto, percezione, presagio o semplice paura. Ma, qualunque cosa sia, comporta dei rischi per gli azzurri. Ho, infatti, la sensazione che per guardare al condottiero si trascura l'esercito. E badate bene non parlo dei singoli elementi in uscita rispetto a quelli in entrata, ormai quello che di buono c'era nella squadra che aveva vinto con tanto fulgore e merito il terzo scudetto è già stato buttato a mare da tempo e la corrente lo ha portato chissà dove. E - ancora - non mi riferisco solo ai calciatori e ai loro mezzi tecnici, che col senno di poi, più di qualcuno, ha definiti - alterando in tutto e per tutto la realtà - "modesti".

Non so se Luciano Spalletti ha "spompato" quei ragazzi (non saprei con quali mezzi e a che scopo), non so se tutta quell'armonia era di facciata (ma ne dubito fortemente), e neppure so se qualcuno lo faceva solo per mettersi in mostra e andare altrove (cosa peraltro più che legittima), ma ciò di cui sono certo è che il calcio, per diventare bello e vincente e durare in tal guisa a lungo, deve essere un'alchimia, anche non tutta felice e romantica.

E un'altra cosa che so è che con i tanti soldi che sono arrivati a giovanotti non proprio preparati a queste repentine fortune, con i procuratori/aziende molto più famelici dei loro assistiti, con i misteriosi fondi a far da padroni (in tutti i sensi) del mercato dei club, con le improvvise "contaminazioni" prima cinesi e poi arabe, con l'indegno baratto dei diritti televisivi, per avere un calcio "sostenibile" si deve puntare a una coralità della gestione aziendale, dove tutti concorrono agli scopi ultimi del gioco, quello dello spettacolo godibile da una parte e quello della virtuosità finanziaria dall'altra.

Un club che vuole muoversi in questo mare periglioso deve puntare sulla piena "parità" delle sue risorse umane, dal presidente a scendere. È quello che Luciano Spalletti e Cristiano Giuntoli erano riusciti a realizzare, facendo un passo indietro rispetto ai veri e unici protagonisti del sistema calcio, giocatori e tifosi. Altro che visione "contecentrica" che tutti ci vogliono propinare. L'allenatore avrà un peso decisivo solo se riuscirà a mettersi a disposizione dell'ambiente in cui è arrivato e non il contrario. Per me il tecnico leccese deve essere una grande guida, innanzitutto morale, per tutti, tifosi compresi, e non un novello Bonaparte. Altrimenti, prima o poi, arriverà la sua Waterloo.