Tre anni e 3 mesi, contro i 3 anni proposti dalla vpo Angela Nardella. E' la condanna decisa dal giudice Graziamaria Monaco, che ha anche disposto il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, alla parte civile, per un 53enne, dipendente dell'Inps, che risiede in un centro a poca distanza da Benevento, riconosciuto responsabile di stalking, maltrattamenti e lesioni nei confronti della moglie (da alcuni anni ex). Si tratta di accuse, contestate con l'aggravante della presenza dei figli minori, per le quali era stato sottoposto al divieto di avvicinamento ordinato in una indagine centrata su fatti che si sarebbero svolti dall'ottobre 2021 al gennaio 2022.
Secondo il pm Marilia Capitanio e i carabinieri, l'imputato, difeso dagli avvocati Vincenzo Zeuli e Francesco Schettino, oltre a percuoterla ripetutamente, stringendole la gola, sbattendola contro un muro e rompendole gli occhiali, colpendola con pugni e torcendole le braccia, l'avrebbe minacciata, anche con un coltello. “Ti distruggo, devi stare zitta, questa è casa mia, te ne devi andare, ho già contattato delle persone per uccidere il tuo amante...”: queste alcune delle frasi che le avrebbe rivolto, accompagnandole con epiteti offensivi, Inoltre, in presa ad una esasperata gelosia, l'avrebbe accusata di aver altre relazioni sentimentali: l'avrebbe svegliata di notte e le avrebbe fatto trovare in cucina dei bigliettini sui quali erano appuntati gli orari dei suoi movimenti e delle telefonate alle quali la malcapitata non avrebbe risposto.
Oltre a controllare i messaggi sul cellulare della coniuge, assistita dagli avvocati Giuseppe Sauchella e Francesca Maffei , l'avrebbe costretta a spogliarsi. “Tu hai microchip e microfoni nascosti addosso, spogliati”, le avrebbe urlato. Poi, quando la poverina si era rifugiata dalla madre, le aveva chiesto perdono, salvo poi ricominciare i suoi comportamenti quando era rientrata sotto il tetto coniugale.
Due anni fa la fissazione del processo, oggi la conclusione con la condanna del 53enne, di cui la difesa aveva sollecitato l'assoluzione con la formula dubitativa.