Napoli

Una nuova opposizione alla seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Roma. Ad annunciarla è Pino Paciolla, papà di Mario, il ragazzo napoletano morto a 33 anni mentre lavorava in Colombia come cooperante dell'Onu. Pino Paciolla parla mentre in piazza Municipio, davanti alla sede del Comune, dove è affisso uno striscione che chiede "Giustizia per Mario Paciolla", si svolge una iniziativa pubblica per ricordare il ragazzzo.

"Mio figlio è stato assassinato", ripete più volte Pino. "Non lo dico perché sono suo padre, ma perché - spiega - analizzo quello che ci ha raccontato nei giorni precedenti alla sua uccisione. Lui ci diceva che aveva litigato con i suoi superiori, che si era messo in un guaio, ci confidava che gliel'avrebbero fatta pagare. Noi pensammo a una questione che riguardava la sua carriera... Il suo primo contratto sarebbe finito il 20 agosto, a distanza di un mese sarebbe tornato tranquillamente a casa. Invece, il 14 luglio, Mario ha comprato un biglietto aereo, mandato un'email all'ambasciata dicendo che stava lasciando il Paese. Nei giorni antecedenti ha chiuso il conto bancario, restituito gli attrezzi ginnici che aveva con sé per tenersi in forma. Non sono situazioni compatibili con un suicidio". Pino Paciolla ricorda i momenti tragici nei quali ha appreso la notizia della morte di Mario. "In maniera molto brutale mi hanno chiamato e mi hanno detto: "Ho una brutta notizia. Suo figlio è morto". Ho chiesto come. Mi hanno risposto "Si è suicidato". A mia moglie aggiungono: "Volete la restituzione del corpo?". Non ho aggettivi per definire tutto questo". Pino punta il dito anche contro la politica. "Quando il fatto è accaduto il ministro degli Esteri era Luigi di Maio. Ci assicurò il suo appoggio. Ma, da allora, non abbiamo ricevuto comunicazioni. Né da lui né dall'attuale ministro Tajani". Con Pino c'è sua moglie, Anna Motta, mamma di Mario, che non ha dubbi: "Mario è stato ucciso. Non dobbiamo più dire che è morto in Colombia, Mario è stato ucciso. Ci sono le prove di tutto questo. La verità è questa, aspettiamo quella giudiziaria, perché la verità sociale ce l'abbiamo già. Tutte queste persone presenti sanno perfettamente cosa è successo"