Mirabella Eclano

 

«La tradizione di famiglia - racconta Giotto Faugno, 35enne artigiano irpino i cui lavori vengono apprezzati anche oltreoceano, alchimista, re della paglia che si occupa della realizzazione del celebre Carro di Mirabella - parte nel 1924 col mio bisnonno Luigi Faugno».

Accediamo in un salottino ricolmo di oggetti, grandi e piccoli, orizzontali e verticali, tutti in paglia. In basso a destra un modello in scala di una chiesa che è stata riprodotta in ogni particolare. Dal rosone alle decorazioni che intarsiano le colonne, passando per i fregi sul piccolo portone, tutto è stato realizzato minuziosamente dalle mani di Giotto. Mani agili, leggere, snodabili al punto da inserire, con delicatezza, senza piegarli troppo, fili di paglia spessi poco più di uno spillo in incavi minuscoli.

Il carro sparisceUn tempo si parlava del carro da gennaio. I ragazzi erano quelli più interessati all'intreccio della paglia e al traino del monumento, poi, col trascorrere degli anni, quest'attenzione ha iniziato a scemare. Quando mio nonno era ragazzo, la difficoltà più grande era portare un piatto in tavola, eppure, al carro non si rinunciava per nulla al mondo. Con tutto questo benessere, invece, non si trova tempo per la storia».

Pazienza e sognoOgni impagliatura pretende attenzione, meticolosità e costanza. A maggio, si raccoglie lo stelo di grano tenero, si fa una cernita manuale dei fili di paglia, e poi li si bagna prima di intrecciarli. Lavori che non possono essere realizzati con l'ausilio di macchine. Il desiderio di creare qualunque opera nasce spontaneo: quando vedo un edificio, un oggetto, una decorazione che mi attira, mi domando "ma non si può realizzare anche di paglia?" Voglio superare l'originale e posso lavorarci anche per giorni, dimenticandomi di mangiare e dormire».

Salviamo il carro, la storiaOggi i componenti del Carro vengono buttati in discarica per mancanza di magazzini. Ho proposto più volte di donarli alle associazioni di mirabellani sparsi per il mondo, magari alla comunità americana che è molto estesa e dimostra sempre grande attaccamento alla nostra storia. Non se n'è fatto nulla. Così ci ritroviamo un museo della paglia che non è un vero museo. Le tradizioni rappresentano una ricchezza, vanno messe a sistema creando un complesso e variegato mosaico che rappresenti tutta la provincia, senza sacrificare nessuna specificità. Per realizzare un simile proposito bisogna combattere l'eccessivo campanilismo che caratterizza troppe nostre realtà. Lo ripeto da sempre: dobbiamo svegliarci. Nessuno verrà a bussare alla nostra porta proponendoci l'occasione della vita. Dobbiamo scendere in strada e far capire al mondo quanto valiamo».

Andrea Fantucchio