Il sistema delle pene non funziona in modo evidente, le strutture sono sovraffollate, stracolme soprattutto di una disperazione sfociata, dall'inizio dell'anno, in 44 suicidi. Benvenuti (si fa per dire) nel girone infernale delle carceri italiane: un mondo che facciamo finta di ignorare, costantemente sballottati da ondate securitarie figlie di interessate sollevazioni partitiche. Un po' di fumo qua e là, poi tutto ritorna nell'alveo della considerazione che se sei un detenuto, anche se in attesa di giudizio, è giusto, in fondo in fondo, che paghi a prescindere dalle condizioni nelle quali sei costretto a farlo.
Tema spinosissimo, sul quale l'Unione delle Camere penali italiane ha indetto dal 10 al 12 luglio tre giornate di astensione dalle udienze, invitando gli organismi locali ad attivarsi nel frattempo per iniziative di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
L'ha fatto questa mattina, con altre sei organizzazioni territoriali, la Camera penale di Benevento, con una maratona oratoria dinanzi al Tribunale. “E' una situazione scandalosa ed inaccettabile – ha esordito Simona Barbone, presidente della Camera penale sannita- che vive di sovraffollamento, della carenza di assistenza sanitaria e psichiatrica, di educatori, della mancanza di agenti della polizia penitenziaria. La pena deve svolgere una funzione rieducativa e non deprimere e terrorizzare una persona”.
L'avvocato Nico Salomone, dell'Osservatorio delle carceri della Camera penale, ha evidenziato quanto l'argomento “passi sempre sotto traccia”, auspicando un “aumento delle pene alternative alla detenzione, un cambio di passo della magistratura di sorveglianza e l'approvazione della norma sulla liberazione anticipata speciale per chi la merita”. La conclusione: “L'attuale condizione delle carceri ci dice, purtroppo, che l'Italia è un Paese incivile”.
Il consigliere comunale Marcello Palladino, avvocato, ha sottolineato l'approvazione in commissione del regolamento per l'istituzione del garante cittadino dei detenuti. Una figura la cui istituzione è stata proposta dall'avvocato Vincenzo Sguera, che siede anch'egli a Palazzo Mosti, che l'ha rivendicata con l'obiettivo di “dare una mano ai familiari, ai figli” di coloro che sono dietro le sbarre. Patrizia Sannino ha affermato che i detenuti, di cui è garante provinciale, “devono avere la possibilità di una rivisitazione critica dei reati commessi, ed invece sono considerati lo scarto della società. Tutto ciò non è accettabile: la politica non vuole risolvere i problemi, i magistrati di sorveglianza per poter giudicare devono andare in carcere a vedere come vivono le persone”.
Per il giudice Sergio Pezza, presidente della Sezione penale del Tribunale, la “scarsa sensibilità istituzionale riflette quella della società”. Bisogna guardare “con empatia – ha proseguito- a ciò che succede nelle carceri, è necessaria una pena che includa: ma se un determinato soggetto si sente vilipeso ed offeso durante la detenzione, come si sentirà quando esce?”. E ancora: “Servono più cappellani, più educatori, più psicologi, bisogna educare a gestire la sconfitta. Esiste un problema culturale legato a come guardiamo l'altro. E istituire reati ed aumentare le pene è la cosa più facile per un politico”.
Il sindaco Clemente Mastella ha ricordato la sua esperienza come ministro della Giustizia, quando aveva “visitato quasi tutte le carceri”, l'approvazione dell'indulto con il via libera dei 2/3 del Parlamento, “anche se tuta la responsabilità negativa è stata affibbiata soltanto a me”, ed ha criticato – ma questa non è una novità - “il populismo penale che fa addirittura annunciare il rientro nei loro Paesi, impossibile, dei detenuti stranieri”. Dal canto suo, l'avvocato Vincenzo Regardi, ex vertice della Camera penale, ha insistito “sull'uscita dall'idealismo: dobbiamo far capire all'opinione pubblica che una cosa è la sanzione, ud un'altra è togliere la dignità. Un carcere che toglie la dignità è la barbarie”.