Napoli

Pronti via e l'Italia era subito sotto contro la "grande" Albania. Nedim Bajrami, centrocampista offensivo del Sassuolo  appena retrocesso, puniva gli azzurri dopo l'ennesimo orrore difensivo di Federico Dimarco, che  sembrava il vero unico retrocesso di questa squadra.

Per fortuna della formazione del Bel Paese il suo stato di sonnambulismo - almeno in fase offensiva - regrediva dopo i primi minuti e l'interista metteva lo zampino in entrambi i gol dell'Italia di Bastoni e Barella. Ma qualcosa continuava a non andare. A fronte di un Barella (sempre lui) davvero stratosferico, non convincevano Jorginho - statico e prevedibile - e, soprattutto,  Pellegrini, vagante per il campo in cerca di una posizione inesistente, tra mezzala e trequartista. Per non parlare di Frattesi, seconda punta o trequartista aggiunto (pure lui), evanescente come nessuno, al netto di un palo colpito a colpo sicuro grazie a una paratona del bravo portiere albanese Strakosha.

Preoccupava anche il chiacchieratissimo Di Lorenzo, quello che tutti vedevano lontano da Napoli, che giocava - come sua consuetudine ormai da tempo - sempre male e noioso, per quanto in una posizione per lui anomala, ma a cui, se resterà all'ombra del Vesuvio, dovrà giocoforza abituarsi.

Eggià, perché altro che 4-2-3-1, come continuavano imperterriti a sostenere i telecronisti RAI, gli azzurri giocavano in realtà col 3-5-1-1 (o al più col 3-4-3) con il napoletano a fare esercizi di accentramento non sempre riuscendoci. C'era poi un Chiesa, all'inizio ispirato e brillante, a fare il quarto di destra a centrocampo, una fascia del terreno da percorrere tutta e non esattamente nelle sue corde. Sorprendeva in positivo Calafiori, di cui avevo parlato male nel mio comnento dell'amichevole contro la Bosnia e che prontamente mi smentiva con una prestazione autorevole. Una nota a parte meritava anche Gianluca Scamacca, cresciuto in maniera esponenziale dopo la cura Gasperini: un vero centroboa, al modo delle migliori tradizioni pallanuotistiche italiane.

Tutto sembrava andare per il meglio alla fine del primo tempo quando l'Italia avrebbe potuto comandare la partita con almeno due gol di vantaggio. E invece gli azzurri si ammosciavano senza una ragione plausibile con l'inizio della seconda frazione di gioco: idee scontate o appannate, tentativi fatui o testardi di imporsi nell'uno contro uno. Risultato: meno squadra e più armata Brancaleone. Insomma, a dirla tutta, sembrava di rivedere in campo il Napoli di Calzona, dinamica e convincente per un po' e poi il solito pianto greco.