Benevento

AGGIORNAMENTO 10 SETTEMBRE

In attesa del rito abbreviato, in programma a novembre, rimesso in libertà - era ai domiciliari - dal gip Vinetti, con l'obbligo di firma, Ludovico Lepore (avvocato Fabio Ficedolo), 53 anni, di Benevento, una delle quattro persone arrestate il 9 marzo nell'inchiesta dei carabinieri sulle torture di cui sarebbero rimasti vittime tre giovani sanleuciani.

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AGGIORNAMENTO 26 AGOSTO

E' stato fissato per l'8 novembre il rito abbreviato per Ludovico Lepore (avvocato Fabio Ficedolo), 53 anni, di Benevento, una delle quattro persone arrestate il 9 marzo nell'inchiesta dei carabinieri sulle torture di cui sarebbero rimasti vittime tre giovani sanleuciani.

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AGGIORNAMENTO 9 LUGLIO

Dal carcere ai domiciliari. E' la decisione per Ludovico Lepore (avvocato Fabio Ficedolo), 53 anni, di Benevento.

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Fissato dal gip Vincenzo Landolfi, su richiesta del pm Giulio Barbato, il giudizio immediato per le quattro persone arrestate il 9 marzo nell'inchiesta dei carabinieri sulle torture di cui sarebbero rimasti vittime tre giovani sanleuciani.

Se non ci sarà il ricorso a riti alternativi, il 10 settembre partirà il processo nei confronti di Antonio Barone, 48 anni, in carcere, del figlio, Vincenzo Cinque, 25 anni- entrambi assistiti dall'avvocato Antonio Leone - di Emanuele Ucci (avvocato Luca Russo), 23 anni, che si trovano ai domiciliari, e Ludovico Lepore (avvocato Fabio Ficedolo), 53 anni, anch'egli detenuto a Capodimonte.

Nel mirino degli inquirenti, come è ampiamente noto, il trattamento degradante e le botte che avrebbero subito due 20enni, rappresentati dagli avvocati Fabio Russo e Nazzareno Fiorenza e, in misura minore, un 16enne. Condotte racchiuse nelle accuse, contestate a vario titolo, di tortura aggravata dalle lesioni, sequestro di persona e rapina.

Tre indagati si erano avvalsi della facoltà di restare in silenzio (anche se uno aveva rilasciato delle dichiarazioni spontanee) durante gli interrogatori di garanzia, il quarto aveva risposto. Scena muta per Ucci e Lepore, mentre Barone aveva affidato ad alcune dichiarazioni la sua estraneità alle accuse. Aveva fatto altrettanto anche Cinque, che, rispondendo, aveva fornito la sua versione. Punto di partenza la lite scoppiata il 15 dicembre in un locale di Pietrelcina, rispetto alla quale Cinque, che in quella occasione aveva perso un orologio del valore di 5mila euro, aveva affermato di essere stato aggredito e colpito, al pari del cugino, da alcune persone, anche con un piede di porco, e di essere stato 'invitato' ad andar via.

Due giorni più tardi, un amico avrebbe consigliato ad un 20enne, che si trovava con un coetaneo ed un sedicenne, di raggiungere, a Benevento, l'abitazione di Barone, per chiarire cosa fosse accaduto. Era sera inoltrata, intorno alle 22.30: i tre sanleuciani si erano messi in macchina e, portandosi dietro un cesto ed un orologio, non quello smarrito da Cinque, come segno di pace, avevano bussato all'appartamento del 48enne, che li aveva fatti entrare, senza chiudere a chiave la porta. Una volta all'interno - aveva proseguito il 25enne – i due 20enni erano stati schiaffeggiati ripetutamente al volto. Cinque, che aveva avuto un alterco, in particolare, con uno dei 20enni, ha aggiunto che il papà era intervenuto, sostenendo che tutto era stato risolto e che potevano tornare a casa. Praticamente illeso, invece, il 16enne.

E ancora: i due 20enni si sarebbero detti disponibili a sborsare una somma di denaro come risarcimento: mentre gli altri erano rimasti in casa, uno di loro, dopo aver tentato di accreditare una somma attraverso l'App del telefono, sarebbe stato accompagnato in macchina da Ucci e Lepore, prima presso uno sportello in città, poi a San Leucio, doveva aveva prelevato 250 euro che aveva consegnato. Lungo il tragitto di ritorno il controllo dei carabinieri e l'avvio di un'attività investigativa che avrebbe consentito di ricostruire quanto due dei tre sanleuciani avrebbero sofferto dalle 23 del 17 dicembre alle 2 del 18 dicembre. Sarebbero stati colpiti ripetutamente – uno di loro con la testa contro la vasca da bagno, minacciati e costretti a “pulire il loro sangue e a muoversi carponi sul pavimento, emettendo i versi di un cane”.

Non è vero, avevano ribadito Barone e Cinque, che avevano invece ammesso di aver fatto uscire uno dei 20enni, che se l'era fatta sotto, sul balcone, per il cattivo odore che emanava.

(foto di repertorio)