Avellino

Da un lato le esigenze degli indagati di avvalersi della presunzione d'innocenza. Dall'altro il diritto dell'opinione pubblica di sapere se nei luoghi ancora sedicenti sacri e inviolabili delle istituzioni qualcuno trama e porta via cose nel goffo tentativo di coprire marachelle.

Sono due macigni democratici. Gli avvocati hanno chiesto l'intervento del Guardasigilli denunciando la violazione del segreto istruttorio. Proclamando sei giorni di sciopero. Legittimo. Ma esiste il ruolo di “cane da guardia” dei giornalisti, i quali non devono mai, anche davanti a una inchiesta con indagati dai ruoli rilevanti, svendere il valore superiore del racconto della verità.

Due pilastri dell'edificio comune chiamato democrazia. Un condominio dove non abitano solo le norme cui si richiamano gli avvocati, che gridano allo scandalo dei particolari rivelati anzitempo. La loro è una verità diversa, fatta di procedure e di carte. Di diritti, finanche di rango costituzionale. Non a caso a rappresentare la Giustizia c'è una donna bendata (che non guarda in faccia a nessuno) che regge una bilancia: accusa e difesa hanno lo stesso peso.

Inaudita altera parte, i giornalisti non devono chiedere permesso a nessuno per fare il proprio lavoro. A nessuno. Né al pm né agli avvocati difensori. Un cronista di giudiziaria che fa due più due, ipotizzando provvedimenti cautelari, non fa che ricorrere all'esperienza. E, fino a prova del contrario, non può essere accusato di alcuna violazione del segreto istruttorio, esattamente come un indagato non dev'essere considerato già colpevole.

Questo è strabismo procedurale inaccettabile. Affatto ingenuo tentativo di silenziare, intimorire, controllare. Sotto sotto, appare un incoffessato desiderio di porre riparo a una difficoltà: chi aveva messo sul chi vive, almeno 24 ore prima, i personaggi dell'inchiesta dell'imminente perquisizione? Non abbiamo visto sollevarsi nessuno quando, sempre facendo due più due, si è capito che talune sparizioni siano avvenute ore prima dell'arrivo dei carabinieri a controllare case e Comune. Nessun articolo di stampa ne è stato complice. Qualche avvocato si è indignato?

E a quel consigliere che si è recato in Tribunale sventolando un avviso di garanzia che non era stato ancora notificato chi l'aveva avvertito? Se la bilancia non deve perdere equilibrio, chi ha lavorato contro la verità dell'accusa? Certo, vedere i resti della cena di casa Nargi nelle immagini dei carabinieri è irrituale, caso unico più che raro. Ma è anche singolare che un sindaco si dimetta e poi continui a frequentare gli uffici, celebrando matrimoni, esercitando, comunque lo si voglia spiegare, un controllo organico illegittimo.

Il minimo che accadrà sarà vedere la Procura assediata da ispettori. La caccia agli agenti infedeli farà qualche ferito. Ma quando vedrete qualche cronista di giudiziaria finire sotto inchiesta, quella non sarà giustizia ma uno squilibrio di quella bilancia che nulla ha a che fare con la democrazia. Una puzzolente lettera scarlatta cucita addosso a furor di codice.