Avellino

Udienza fiume per il processo Aste Ok, al tribunale di Avellino, nella quale la difesa dell'imputato Armando Aprile, l'avvocato Alberico Villani, ha focalizzato la sua attenzione "sull'insussistenza di condotte prevaricatorie di tipo camorristiche nell'espletamento delle aste contestate " al socio di Livia Forte. Questione affrontatata per oltre cinque ore nell'aula di Corte di Assise di Avellino, al termine delle quali ha invocato l'assoluzione per il suo assistito Aprile, ristretto nel carcere di Vibo Valentia.

L'avvocato Villani, sviscerando le intercettazioni capatate dagli inquirenti durante le indagini, ha voluto dimostrare "l'assenza di intimidazione, di pressioni fisiche o psicologiche da parte di Aprile nei confronti degli esecutati o nei confronti di terzi, che avevano intenzione di partecipare alle aste giudiziarie. Dunque in definitva ha - precisato l'avvocato Villani - le aste si sono svolte regolarmente senza alcun tipo di intervento tipico della delinquenza organizzata".

L'avvocato Villani è andato avanti sostenendo di "contestare l'impianto accusatorio della pubblica accusa. Effettivamente, se ci fosse stato un accordo tra Armando Aprile, Livia Forte e i Galdieri, sarebbe smentito dal fatto che Armando Aprile non aveva bisogno di nessuno. L'attività di partecipazione alle aste giudiziarie non richiedeva l'intervento della camorra. Inoltre, un punto chiave trascurato è che a nessuno è stato impedito di partecipare alle aste, né legalmente né illegalmente, nemmeno con l'influenza della camorra. Per parlare di mafia, è necessaria la forza intimidatoria della criminalità organizzata. L'accusa si basa interamente sulla condanna in primo grado del Nuovo Clan Partenio, mentre la situazione nelle aste è molto diversa. Nessuna testimonianza emersa nel processo ha menzionato minacce mafiose. Inoltre, non condivido il fatto che tutti i debitori siano stati ascoltati come testimoni anziché come co-indagati dopo tre anni e mezzo di processo. La mia opinione discorda fortemente da quella del Pm. Gli esecutati hanno agito per recuperare i propri beni, come avviene nel 'sistema delle aste'" e dunque ha invocato l'assoluzione.

L'avvocato Fernando Taccone, difensore di fiducia di Emanuele Barbati. Stando a tutte le testimonianze ascoltate in aula  è emerso che doveva fissare solo un incontro con Armando Aprile e Livia Forte. Questa tesi, confermata da tutti, è anche la più logica. Quando la donna ha testimoniato, infatti, ha riferito della visita che Armando Aprile e Livia Forte hanno fatto presso l’abitazione dell’esecutata. In quel caso, il primo a mettere in guardia la donna dalla capacità economica di Armando Aprile e Livia Forte è stato proprio il custode giudiziario. Non c’è evidenza di nessun legame tra Emanuele Barbati e Armando Aprile. Fino al 2018, Barbati non conosceva nemmeno Armando Aprile". Per Emanuele Barbati, l'avvocato Taccone ha chiesto l'assoluzione perchè il fatto non sussiste. 

L'avvocato Gerardo Santamaria, difensore di fiducia di Antonio Ciccone e Damiano Genevose, ha fatto "riferimento alle dichiarazioni delle persone offese, poiché la denunciante è stata sentita come persona indagata in un reato connesso. Le sole dichiarazioni, per questo motivo, non possono essere considerate valide come prova, senza riscontri. Non ci sono stati riscontri né testimonianze. Eppure, vicino alla denunciante c'era una persona che non è stata nemmeno sentita. Oltre a questi mancati riscontri, che basterebbero da soli per assolvere Ciccone, c'è anche il discorso sull'inattendibilità della denunciante, che non appare credibile. Le dichiarazioni della denunciante sono state smentite dai due dipendenti del bar. Rispetto alla versione fornita dalla presunta vittima, che sosteneva che i due dipendenti si fossero nascosti per sfuggire a Ciccone che avrebbe raggiunto la vettura per prendere una pistola, i dipendenti hanno raccontato che, in realtà, i primi ad uscire sono stati proprio i denuncianti e solo dopo Ciccone. È anche improbabile che Ciccone avesse interessi nell'immobile, poiché non era stato nemmeno acquistato dalla madre”. Per Ciccone, l’avvocato Santamaria ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste. 

L'avvocato Claudio Mauriello, difensore di fiducia di Damiano Geneovese: "Io vorrei precisare che, per questo processo, Damiano Genovese è accusato di essere il promotore. Ovviamente, stiamo parlando del figlio di Amedeo Genovese e nipote di Livia Forte. Invece, in questo lungo processo si sono succedute tantissime testimonianze. Nessuno di loro ha mai espresso un giudizio nei confronti di Damiano Genovese. E questo non poteva accadere, perchè Genovese non fa parte di questo procedimento. Gli unici che ne hanno parlato, sono i testimoni di polizia giudiziaria. Genovese non è mai stato oggetto di nessun procedimento in tal senso. Lui è conosciuto solo per essere il figlio dell'ex boss.  Non è stata dimostrata in alcun modo l'aggravante mafiosa. Chi entra in un'organizzazione criminale deve trarne beneficio, che sia denaro o altro. Questi elementi non hanno mai coinvolto Genovese, come confermato anche dagli agenti di polizia giudiziaria". L’avvocato Mauriello ha chiesto, per il suo assistito, l’assoluzione. Si torna in aula il 19 aprile quando la parole passerà agli altri difensori degli imputati.