Avellino

di Paola Iandolo 

Si sono associati alle richieste del pubblico ministero della Dda di Napoli, gli avvocati delle parti civili: Francesco Pugliese SOS Impresa, Roberto Vetrone, Francesco De Cicco, Raffaele Tecce, Francesco Maria Confessore, Nicolina Muccio, Antonella Zotti.  L'avvocato Luigi Petrillo, costituito parte civile per il Comune di Avellino ha depositato le conclusioni scritte chiedendo un risarcimento di un 1milione di euro solo nei confronti degli imputati accusati di associazione a delinquere di stampo camorristico. L'avvocato Roberto Vetrone ha evidenziato - nella sua lunga discussione - che "sussistono elementi sufficienti per ritenere la responsabilità penale del dottore  Armando Pompeo Aprile, Livia Forte e Mario Gisolfi per i reati loro ascritti. I fatti di reato hanno cagionato, danni patrimoniali e non. L'imputato Aprile, socio di Livia Forte, in concorso tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante le violenze e le minacce poste in essere, ottenevano quanto richiesto; non patrimoniali, consistenti in pregiudizi subiti dalle vittime e dai loro familiari che non sono suscettibili di valutazione economica ma che riguardano interessi inerenti alla persona. Così, in particolare, il danno biologico, quello morale, quello esistenziale e la lesione dei diritti costituzionali. Difatti, i miei assistiti hanno subito pressioni e minacce dal sodalizio criminale composto da  Armando Pompeo Aprile, Livia Forte e  Mario Gisolfi. Quest'ultimo, attraverso la condotta minatoria, si vantava di essere esecutore della volontà criminale di Aprile e conseguentemente della Forte, non riuscendo però a procurarsi l'ingiusto profitto solo per la ferma opposizione delle persone offese. Si chiede al Tribunale, quindi, il risarcimento dei danni”.

Le difese

Dopo è stato il turno della discussione degli avvocati Rosaria Vietri per l' imputato Mario Gisolfi e l'avvocato Gaetano Aufiero per Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo e Beniamino Pagano. L'avvocato Vietri ha precisato che "durante il processo sono stati esaminati vari testimoni, inclusi gli imputati. Tuttavia, le prove raccolte non dimostrano in nessun modo il coinvolgimento del mio assistito, Mario Gisolfi nel Clan Partenio. Non ci sono contatti diretti, messaggi o pedinamenti che dimostrino un'associazione con i membri del clan. Nel contesto dell'asta relativa al complesso turistico "Il Cigno", gli esecutati hanno accusato il Gisolfi di minacce. Tuttavia, le prove raccolte indicano che la turbativa dell'asta è stata organizzata da altri, non dal Gisolfi. In sintesi, le prove raccolte non dimostrano il coinvolgimento del Gisolfi nelle attività mafiose o nella turbativa dell'asta. Le accuse si basano su testimonianze non attendibili e la sua non partecipazione è supportata dalle intercettazioni telefoniche e dalle testimonianze fornite nel processo". 

L'avvocato Aufiero si è concentrato sul concetto del cosiddetto "monopolio delle aste". "Questo monopolio era cruciale per l'Ufficio di Procura poiché si stava prospettando l'archiviazione del caso. Perché proprio le aste? Perché il monopolio? Le aste erano e rimangono la linfa vitale e la prova fondamentale per ravvivare un procedimento che sembrava già concluso. Riguardo alle aste, una conversazione tra Pasquale Galdieri e Damiano Genovese metterebbe in evidenza la presunta volontà di Galdieri di monitorare l'attività di Livia Forte. Per permettere ciò, aveva incaricato proprio Damiano Genovese, dicendogli: "Metti un orecchio a terra!". Questo è stato sufficiente per giustificare, in questo processo, l'accusa di "controllo monopolistico delle aste". Parliamo di 12 aste in vari anni, con Nicola Galdieri coinvolto in una sola asta e Pasquale Galdieri che non risponde di nessuna asta. Le aste, con l'entrata stabile del clan, sono state e continuano ad essere cruciali per risvegliare un procedimento che sembrava ormai spento; questo è tutto".

Altra questione affrontata in aula è quella sollevata dal pubblico ministero della Dda durante la sua requisitoria, per gli imputati Antonio Barone e Gianluca Formisano. Per il pm della Dda i due, da "concorrenti esterni" devono esssere considerati  "partecipi al clan delle aste giudiziarie condizionate". Sul punto il tribunale di Avellino si è riservato. 

Si torna in aula il 12 aprile quando discuteranno gli avvocati Carlo Taormina per l'imputato Gianluca Formisano e l'avvocato Benedetto De Maio per l'imputato Antonio Flammia. La sentenza è prevista per il 3 maggio.