I finanzieri del Comando Provinciale di Avellino hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa delle misure cautelari personali e reali disposta dal G.I.P. del Tribunale di Avellino, su richiesta di questo Ufficio, nei confronti di cinque persone, di cui due in carcere e tre agli arresti domiciliari. Nel contempo, sono state eseguite 12 perquisizioni nei confronti di persone fisiche e giuridiche, ed è stata data esecuzione al sequestro preventivo, per un ammontare complessivo di circa 3 milioni di euro, in relazione ai reati di riciclaggio, reimpiego di profitti illeciti ed emissioni di fatture per operazioni inesistenti. Gli odierni provvedimenti – eseguiti anche con il supporto dei finanzieri appartenenti al Gruppo di Fermo e alle Compagnie di Castellamare di Stabia (Na) e di Cava dei Tirreni (Sa) – sono l’epilogo di complesse e articolate investigazioni eseguite dai militari della Guardia di Finanza della Tenenza di Solofra, nell’ambito delle quali è stata individuata una struttura organizzativa, con base nel polo conciario di Solofra e diverse ramificazioni nelle province di Avellino, Salerno, Napoli e Fermo.
In particolare, le attività di indagine, coordinate da questa Procura della Repubblica, hanno consentito di acquisire significativi elementi che hanno condotto a ritenere che i due soggetti attinti dalla misura cautelare in carcere, attraverso compiacenti “prestanome” e società “cartiere” avevano posto in essere un articolato sistema di frode fiscale, per oltre 45 milioni, mediante un vasto giro di fatture false, trasferendo poi parte delle illecite somme di denaro, per circa 1,7 milioni euro, tramite numerose movimentazioni bancarie, verso paesi extracomunitari, ed in particolare verso la Repubblica Popolare Cinese.
I complessi accertamenti – eseguiti anche mediante la consultazione delle banche dati in uso al Corpo della Guardia di Finanza, l’analisi dei flussi finanziari e delle comunicazioni telematiche, sopralluoghi ed escussione in atti di numerosi soggetti, hanno permesso di accertare che gli indagati hanno eseguito molteplici trasferimenti di capitali tra le società coinvolte nel sistema fraudolento, effettuando nel contempo diversi cambi di amministratore e cessioni di quote societarie, al fine di allontanare i sospetti dalla loro persona e dissimulare i capitali utilizzati.
Sulla base degli elementi raccolti è stato possibile ritenere, allo stato del procedimento, che gli indagati attinti dalle misure cautelari riciclavano i proventi illeciti, utilizzando anche dei contratti fittizi con altre aziende e adottando l’escamotage della “cessione dei crediti”, grazie al quale la società, che rappresentava il centro di interessi primario, non risultava apparentemente coinvolta nel trasferimento delle somme.
In particolare, di fondamentale interesse investigativo è stato l’esame dei dati informatici che hanno consentito di acquisire importanti elementi investigativi per delineare il contesto investigativo e definire, sia pure a livello di gravità indiziaria, le singole responsabilità penali. L’operazione svolta è anche il frutto del monitoraggio dei flussi finanziari, che costituisce il metodo più efficace per individuare i capitali di origine illecita, prevenendo e contrastando i circuiti di riciclaggio che possono inquinare l’economia legale e alterare le condizioni di concorrenza.