“E’ come se lo Stato Italiano avesse introdotto la pena di morte”: così il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo commenta il 25esimo suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno ad opera di un ventinovenne nordafricano, naturalizzato italiano, con problemi di tossicodipendenza, trovato impiccato in cella.
"Siamo di fronte all’evidenza che a togliersi la vita in carcere - aggiunge - sono sempre più giovani, fragili, tossicodipendenti, persone con problemi psichici ed immigrati. Una pena oltre la pena da espiare a differenza di detenuti appartenenti ad organizzazioni della grande criminalità che contano su sconti di pena ed altri benefici.
Lo scorso anno i suicidi sono stati 69 e nel 2022 84 le persone che si sono tolte la vita all’interno di un istituto penitenziario italiano, un numero record da quando si registra il dato (dal 2000) che quest’anno
supereremo se non ci saranno misure immediate.
Purtroppo, registriamo che gli unici a mobilitarsi contro questa strage senza fine sono gli organismi ecclesiali della Chiesa come don Franco Esposito, direttore del Centro per la pastorale carceraria dell’arcidiocesi di Napoli, che non solo ha promosso una manifestazione davanti all'ingresso del carcere di Poggioreale, di cui il sacerdote è cappellano, ma ha ricordato il recente suicidio di un agente penitenziario.
Non va dimenticato che sono tre gli agenti penitenziari che nel giro di pochi mesi si sono tolti la vita e che siamo di fronte ad una problematica che merita uguale attenzione e rispetto perché le condizioni di lavoro sono sempre più gravi con 1800 aggressioni e violenze al personale nel 2023, decine di rivolte.
In vista delle festività pasquali - dice Di Giacomo - noi saremo a fianco degli organismi ecclesiali della Chiesa e i volontari delle associazioni riprendendo il “tour delle carceri” che è da sempre un’iniziativa del sindacato di polizia penitenziaria per riaccendere l’attenzione dell’amministrazione penitenziaria, del Ministero, del Parlamento e della politica sull’emergenza carcere.
Non possiamo più limitarci ad esprimere cordoglio e rabbia. Altrimenti -conclude Di Giacomo - si abbia il coraggio di dare ragione al Ministro Nordio quando ha parlato di suicidi come “questione irrisolvibile” e “malattia da accertare”. Almeno noi non ci stiamo perché lo Stato ha la responsabilità delle persone che ha in custodia e la responsabilità di garantire condizioni di lavoro accettabili per i suoi servitori”.