Benevento

Ha rigettato entrambe le richieste di revoca o di sostituzione della misura avanzate dalla difesa, incrociando il parere negativo del Pm. E' quanto deciso oggi pomeriggio dal gip Vincenzo Landolfi, dopo gli interrogatori di garanzia di martedì, per Antonio Barone, 48 anni, ed il figlio, Vincenzo Cinque, 25 anni, ai domiciliari, difesi dall'avvocato Antonio Leone, due delle quattro persone di Benevento arrestate nell'inchiesta del sostituto Giulio Barbato e dei carabinieri sulle torture ai danni di tre giovani sanleuciani.

Secondo il giudice, Barone, che aveva solo rilasciato dichiarazioni spontanee, ha tentato di negare la sua responsabilità senza però fornire elementi di valutazione nuovi, rispetto a quelli già considerati, sull'attendibilita delle persone offese e l'attualità delle esigenze cautelari. Identica la motivazione anche per Cinque, che aveva invece risposto alle domande, sostenendo di aver dato alcuni schaiffi ad uno dei 20enni e uno anche al 16enne – un gesto per il quale il padre lo aveva rimproverato-, ed escludendo ulteriori violenze o atti di sopraffazione.

Quanto alle violenze e alle minacce che aveva affermato di aver subito in un locale a Pietrelcina, il Gip sottolinea che non contraddicono gliindizi a carico degli indagati, ma semmai confermano l'esistenza del loro forte risentimento verso le parti offese, da cui scaturirono le azioni violente da loro denunciate.

Nessuna richiesta era invece arrivata, perchè i loro assistiti si erano avvalsi della facoltà di restare in silenzio, per Emanuele Ucci (avvocato Luca Russo), 23 anni, e Ludovico Lepore (avvocato Mario Villani), 53 anni, anche loro agli arresi domiciliari.

+++

CONDANNATO PER ARMI, PENA RIDOTTA IN APPELLO PER CELLA

Da 2 anni e 7 mesi ad 1 anno e 8 mesi. E' la pena stabilita in appello per Roberto Cella (avvocato Antonio Leone), 30 anni, di Benevento, che nel ,luglio 2023 era stato condannato dal Tribunale. Nel 2022, la polizia gli aveva sequestrato armi durante una perquisizione scattata per un'altra vicenda. Gli agenti avevano rinvenuto, in particolare, due pistole – una con matricola abrasa, 17 coltelli, 2 macete, un'ascia, una noccoliera ed un paio di manette. Roba custodita in un appartamento adiacente il suo, chiuso da un lucchetto che era stato aperto con le chiavi trovate in casa di Cella.

Quelle armi, peraltro datate ed arrugginite, non sono mie. Probabilmente appartenevano a mio padre, e comunque non erano nell'abitazione in cui vivo ma in un locale adibito a deposito di proprietà della famiglia, aveva sostenuto, all'epoca, al cospetto del Gip durante l'udienza di convalida dell'arresto.