Salerno

Sul charter che ha riportato a casa la Salernitana dalla trasferta di Udine, i granata hanno imbarcato (anche) una valigia piena zeppa di rimpianti. Ed il risultato maturato allo Bluenergy Stadium è, probabilmente, soltanto l'ultimo dei motivi per rammaricarsi. Perché la partita disputata in terra friulana è stata specchio fedele di una stagione maledetta e fallimentare sotto ogni punto di vista.

Il dato tecnico è evidente: avanti di un gol nel primo tempo e con l'uomo in più per metà ripresa, la Salernitana non è riuscita a dare la spallata ai friulani e a conquistare tre punti che avrebbero dato maggior vigore alla rincorsa salvezza. I granata, nonostante il forcing finale, sono apparsi timorosi e, a tratti, rinunciatari. Tutt'altro rispetto alla squadra “euforica e disperata” evocata da Walter Sabatini nel giorno del suo insediamento-bis. Caratteristiche che, va detto, non è riuscito a trasmettere nemmeno Fabio Liverani, apparso - anche stavolta - eccessivamente prudente ed abbottonato (nonostante l'uomo in più) al momento in cui avrebbe potuto/dovuto osare con le sostituzioni.

Ma la fotografia della stagione granata è racchiusa soprattutto nell'ennesimo “caso Dia” scoppiato in Friuli. Il giocatore, come ha spiegato Liverani in conferenza stampa, si è rifiutato di scendere in campo nel finale di partita, sancendo uno strappo definitivo con l'ambiente granata e con la città di Salerno. Segno che i “mal di pancia” di inizio stagione non sono stati mai davvero superati, principalmente per responsabilità del calciatore che ha dimostrato scarsa riconoscenza e attaccamento nei confronti della Salernitana. Che, dal canto suo, avrebbe dovuto gestire meglio una vicenda (di mercato) che è finita per essere la sua 'tomba' sportiva.

Eppure, al gol del momentaneo 1-0 di Tchaouna, Dia era corso in campo sorridente ad abbracciare il compagno. Un'altra istantanea di una stagione piena zeppa di rimpianti e contraddizioni.