Più telefonate dal carcere e più “colloqui intimi” senza controllo visivo: sono queste le ultime trovate per superare l’emergenza carcere. Invece di affrontare una situazione sempre più drammatica con 20 suicidi più 24 morti “per altre cause” dall’inizio dell’anno e 1.800 aggressioni al personale penitenziario lo scorso anno, si ricorre a misure estemporanee in parte non nuove come per i “colloqui intimi” che riprendono il vecchio progetto delle “casette per l’amore”.
Così Aldo Di Giacomo segretario generale del sindacato polizia penitenziario evidenziando che il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo, ha comunicato in una audizione alla commissione giustizia della Camera che il Dap è favorevole alla liberalizzazione delle telefonate per tutte le persone detenute (ad esclusione solo di chi è sottoposto al regime del 41-bis) sottolineando che già oggi un direttore ne può concedere “anche cento al giorno”.
Tra l’altro - aggiunge - affidare alla discrezionalità del direttore il numero di telefonate da concedere rischia di accrescere le tensioni tra i detenuti “più fortunati” e quelli che lo sono meno.
Ma l’evidente diversità di lettura dell’emergenza carcere si coglie dalle parole del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove che annuncia la possibilità di schermare gli istituti penitenziari d’Italia, creando delle apposite white list riservate ad esempio ai soli cellulari degli agenti della polizia penitenziaria.
Delmastro evidentemente non conosce il piano cosiddetto sperimentale tentato negli anni passati dall’Amministrazione Penitenziaria, con una spesa iniziale di 3,5 milioni di euro, per contrastare l’uso di telefoni cellulari nelle carceri attraverso strumenti di rilevamento, che si è svelato un autentico flop. Il continuo ritrovamento di telefonini nelle celle - afferma Di Giacomo - è un fenomeno a cui non si riesce a far fronte. Secondo i dati ufficiali di fonte ministero più aggiornati è di oltre un migliaio il numero totale di cellulari e sim ritrovati nei 190 istituti italiani.
Quasi due per ogni carcere. Con un aumento costante negli anni. Numeri che purtroppo non indicano fedelmente la situazione. Questo significa - continua Di Giacomo - che per i capi delle organizzazioni criminali è una consuetudine diffusa impartire ordini con i telefonini. Solo la politica non se ne accorge non affrontando radicalmente la situazione e accogliendo la nostra proposta di inasprimento delle pene per i detenuti trovati in possesso di telefonini come per quelli che aggrediscono agenti, senza possibilità di concedere alcun tipo di beneficio.
E a proposito di benefici ai detenuti – dice Di Giacomo – a riprova della profonda e grave confusione che regna sovrana tra quanti hanno responsabilità di amministrazione penitenziaria sentiamo ripetere che si intenderebbe bloccare le premialità per i detenuti autori di aggressione al personale fingendo di ignorare che ciò è già previsto. Tanto vale – afferma Di Giacomo – seguire l’esempio della Francia che ha deciso di installare telefoni fissi nelle celle delle carceri francesi”.