Caivano

"Il rischio è che la giustizia minorile perda i ragazzi per strada. È questo in estrema sintesi quello che abbiamo detto oggi presentando Prospettive minori", il nostro VII Rapporto sulla giustizia minorile che si può leggere liberamente su www.ragazzidentro.it"

A sostenerlo è l'associazione Antigone che dal 1991 si occupa di carceri, giustizia, diritti umani e prevenzione della tortura.

"Il modello della giustizia minorile in Italia, fin dal 1988, data in cui entrò in vigore un procedimento penale specifico per i minorenni, è sempre stato un vanto per il paese. Mettendo al centro il recupero dei ragazzi, in un'età cruciale per il loro sviluppo, nella quale educare è preferibile al punire, ha garantito tassi di detenzione sempre molto bassi, una preferenza per misure alternative alla detenzione in carcere, come ad esempio l'affidamento alle comunità e ottenuto un'adesione al percorso risocializzante ampio da parte dei giovani.

Dal decreto Caivano in poi, invece, il rischio che questi 35 anni di lavoro vengano cancellati e i ragazzi persi per strada è una prospettiva drammatica e attuale".

All’inizio del 2024 sono circa 500 i detenuti nelle carceri minorili italiane. Sono oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra. Gli ingressi in Ipm sono in netto aumento. Se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi quindici anni.

"La crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Frutto questo del decreto Caivano che ha esteso l'applicazione della custodia cautelare in carcere, stravolgendo l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988. Altra novità, in linea con quanto previsto dal Decreto, laddove prevede di disporre la custodia cautelare anche per i fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti è la notevole crescita degli ingressi in Ipm per reati legati alle droghe, con un aumento del 37,4% in un solo anno."

Aumenti dei numeri, quindi, che non trovano riscontro nell'aumento dei reati, con il dato più recente che, tra alti e bassi, è in linea con quello registrato 10 anni fa.

"Sono prospettive minori quelle che oggi vediamo rispetto a due anni fa, quando pubblicammo il nostro precedente rapporto sulla giustizia minorile. Prospettive minori per il sistema, che sta rinunciando a incontrare con pienezza quei principi ispiratori sui quali è stato costruito e che hanno fatto sì che la giustizia minorile nel nostro paese divenisse un modello a livello europeo; prospettive minori per gli operatori, alcuni dei quali fanno un lavoro straordinario fuori e dentro le carceri e si ritrovano strumenti sempre più spuntati e inefficaci; e, soprattutto, prospettive minori per i ragazzi e le ragazze, che si ritrovano attorno più sbarre, fisiche e metaforiche, e meno speranze riguardo al loro futuro.

Occorre riprendere la strada tracciata dai 35 anni di giustizia minorile italiana, mettere al centro il bene supremo dei ragazzi e non cadere nella tentazione punitiva verso chi commette un reato in una fase così cruciale del proprio percorso di crescita. Se non ci possiamo permettere di perdere un adulto, ancor meno ci possiamo permettere di perdere un ragazzino".