All'alba della nuova era della SSC Napoli - non può che essere considerata tale la rivoluzione messa in atto da Aurelio De Laurentiis nei mesi che sono seguiti al tanto atteso scudetto e in questi giorni di mercato invernale - le frasi rilasciate dal patron azzurro sembrano tutto tranne che tranquillizzanti e confermano i timori da me più volte espressi.
Il Napoli perde ogni giorno di più i suoi pezzi, pregiati e non. A guardar bene, infatti, non conta affatto - oggi più che mai - il loro valore economico o la loro cifra tecnica, ma quello che erano riusciti a creare come gruppo, che condivideva lavoro, obiettivi e, purché no, anche affetti. Quello che era - è sancito - ormai non c'è più. Sono accadute molte cose in questi mesi, alcune comprensibili e altre meno.
Tra le prime - che ve ne fosse contezza nei protagonisti o negli astanti, in cui siamo immeritatamente inclusi - annoveriamo gli addii di Luciano Spalletti e Cristiano Giuntoli, a quanto pare più logici, per non dire obbligati, di quanto credessimo. Anche per Kim sembra non vi fossero speranze, era nella natura stessa del suo ingaggio l'incolmabile addio.
Come pure per Lozano, la promessa mai veramente mantenuta, a fronte di un ingaggio da top player. Tra quelle che potevano essere certamente evitate ci sono il primo allenatore sbagliato - quel Rudi Garcia dai modi affabili e dal cinismo anaffettivo - e i sostituti dei suddetti transfughi, Natan e Lindstromm, che erano apparsi da subito acerbi o incompresi, non è dato sapere. Per non parlare di Cajuste, venuto a riempire la casella lasciata libera da quello strano personaggio di Tanguy Ndombelé e risultato solo più giovane ma altrettanto enigmatico.
Per "apparare" tanta vergognosa inconcludenza si era speso in prima persona proprio Aurelio De Laurentiis, il nuovo tuttofare della SSC Napoli, il quale prima prometteva acquisti e poi li realizzava, tra lo stupore generale, sembra, del suo stesso staff tecnico e dirigenziale. Mazzocchi, Traorè, Ngonge, Dendoncker e (forse) Perez sono i suoi fiori all'occhiello, ma inevitabilmente destinati a spampanarsi vista la totale confusione sul modulo da adottare e sui giocatori a esso più funzionali. Da quel che vedo, allo stato, ci sono più doppioni che prime donne, il che si traduce inevitabilmente in più scontenti che motivati. Tra quelli in uscita e quelli incerti di restare a luglio (vedi gli stessi Traoré e Dendoncker) e la mancanza di sicurezze sull'allenatore futuro e sulle scelte tattiche che adotterà, il Napoli sembra più un cantiere che una squadra. E in piena stagione poi.