Avellino

Il colpo è stato pesante. A dirla tutta, la rinuncia alla candidatura a sindaco per il centrosinistra di Benny De Maio per sopraggiunti motivi di salute, è uno tsunami da cui è difficile ripararsi in termini politici. De Maio era il candidato ideale, civico di area progressista che incarnava tutte o quasi le indicazioni emerse da un confronto di coalizione durato otto mesi, durante i quali è cresciuto e si è consolidato non solo il perimetro del cosiddetto “campo largo”, ma si è costruita una visione, un progetto di alternativa sul quale provare a giocarsi la difficile (a questo punto difficilissima) partita elettorale di giugno ad Avellino contro la corazzata civica di Festa e un centrodestra che, sebbene ancora non definito, proverà a cavalcare l’onda lunga del consenso alla Meloni (la premier pare aver già messo in agenda una visita in città nei prossimi mesi). 

Ora, il dado è tratto, e come in un sadico gioco dell’oca, si è tornati al punto di partenza. Fatta salva la piattaforma elettorale, che non è poco, da dove si ricomincia? Qual è il piano B? 

Nelle forze che compongono il centrosinistra sono ore di grande tensione e disorientamento. Al momento ancora nessun tavolo è stato convocato per affrontare la questione, né risulta convocata da parte del segretario dem Nello Pizza una direzione del Partito Democratico: in tanti si aspettano che sia proprio il PD a indicare la soluzione. 

Perché il Pd? Perché è la forza politica trainante della coalizione, si è detto, e del resto già l’indicazione dell’avvocato De Maio era partita da Via Tagliamento e aveva trovato approvazione tanto nelle fila del Movimento Cinque Stelle quanto nei gruppi di Sinistra Italiana, Si Può, App e Controvento. Una sintesi che porta la firma del consigliere regionale Maurizio Petracca e che si fondava su un presupposto: ovvero l’esclusione a priori dell’ipotesi primarie di coalizione. La prima cosa che il Pd ha scelto di fare è stato rinunciare alle primarie, per cercare singole intese con i Cinque stelle e gli altri componenti del campo largo. 

Primarie, vantaggi e rischi 

A questo punto però c’è chi nelle fila dem come il consigliere comunale Nicola Giordano (uno dei nomi che è apparso più volte tra i papabili candidati insieme a quello di Enza Ambrosone negli ultimi mesi) rimette in discussione la scelta di escludere le primarie ritenendole ancora un valido strumento e argomenta: 

“Siamo in una fase di stallo pericolosa - dice Giordano - A questo punto trovare un nuovo candidato sindaco di espressione civica che piaccia a tutti non è facile, non perché non ci siano nella città di Avellino professionisti in grado di interpretare efficacemente il ruolo, ma perché nella dinamica elettorale la seconda scelta, la riserva, non paga. Io ritengo che il tavolo di centrosinistra allargato abbia esaurito il suo compito. Il caminetto che si riunisce e decide non ha più senso. Una volta stabilito il programma comune e venuto meno il candidato civico condiviso ora tocca alla politica, e tocca al Pd. Ma l’investitura di un candidato apicale non può essere appannaggio di pochi eletti - continua Giordano -  La soluzione non può essere il concistoro: rispetto al metodo della cooptazione io preferisco l’investitura che viene dalle primarie. Per me restano lo strumento più efficace per uscire dall’impasse, fanno parte del dna del nostro partito, in altre realtà dove si andrà al voto in primavera si ricorrerà a primarie di coalizione, perché ad Avellino no? - insiste Giordano - La vera domanda allora è: chi ha paura delle primarie?”

In sostanza Giordano fa parte della schiera dei democratici che ancora credono che le primarie siano la soluzione più logica e funzionale per risolvere la complessità di un percorso che coinvolge più forze politiche e che nessuno vuole mettere in discussione. Il nome che uscirebbe dalle primarie di coalizione avrebbe un peso specifico più forte rispetto a un nome di ripiego, avrebbe già superato una prima prova generale di voto, fondamentale, e la campagna elettorale, quella vera, comincerebbe sotto diversi auspici. 

Va detto però che i tempi sono stretti e se anche si stabilisse oggi  di andare alle primarie significherebbe perdere almeno un altro mese di campagna elettorale con tutto il corollario di rischi che i gazebo portano con sé. Quali rischi?

Innanzitutto perché primarie significherebbe andare alla conta in un partito come il Pd che non si è ancora ripreso dall’esito delle primarie di febbraio che hanno portato Elly Schlein alla vittoria ribaltando i voti dei circoli. 

Inoltre i precedenti sul territorio sono a dir poco disastrosi e nessuno vuole rischiare di finire come nel 2013 quando si decise di annullare le primarie al termine di una lunga disputa giudiziaria sull’incompatibilità del consigliere Leonida Gabrieli (escluso e riammesso dal Tribunale). 

"Il Pd deve riappropriarsi del suo ruolo"

Poi c’è il dato politico di fondo sul quale è Franco Vittoria che invita oggi a fare una riflessione che va oltre la scelta del candidato.  “La crisi del sistema dei partiti coinvolge e travolge in pieno il Pd - dice il professore Vittoria, già segretario dem in provincia di Avellino - Il dramma vero è l’abbandono della politica e quella partecipazione dal basso che tutti auspicano resta una chimera lontana e irraggiungibile. Del resto basta vedere i dati del tesseramento che si dovrebbe chiudere il prossimo 31 gennaio. Non mi pare ci sia stata una grande risposta ad Avellino come in tutta l’Irpinia. Dispiace che in questo momento è il segretario Nello Pizza ad essere rimasto col cerino in mano, e certo mi sarei aspettato da parte sua almeno la convocazione di una direzione provinciale per capire a che punto è la notte, per ricevere almeno un mandato perlustrativo, qualcosa che metta il partito al riparo da tentativi di fughe in avanti che inevitabilmente qualcuno sta provando a fare. Il partito deve riappropriarsi del suo ruolo”.

Il piano B: un candidato politico, esponente di partito

A questo punto davanti all’emergenza da più parti si invoca una soluzione puramente politica: un nome di partito, spendibile subito, già conosciuto e riconoscibile, con il suo bagaglio di consensi ed esperienza. Un piano B che potrebbe non piacere a tutti, ma col passare delle ore sembra proprio questo l’orizzonte nel quale di fatto si stanno dirigendo adesso le forze in campo nel centrosinistra. 

A sorpresa anche il Movimento Cinque Stelle, che finora ha insistito sul candidato civico ponendola come pregiudiziale all’alleanza con i dem sulla città di Avellino, si apre alla possibilità di convergere su un nome puramente politico, un esponente di partito. 

Ciampi (M5S): "Nessun veto, no a pregiudiziali, si a un candidato di partito"

“Per noi in questa fase restano sul tavolo tutte le opzioni - dice in premessa Vincenzo Ciampi, oggi consigliere regionale pentastellato - Ed è chiaro che preferiamo un candidato della società civile, ma si potrebbe trovare una sintesi anche su un candidato politico. Il nostro approccio è questo: non intendiamo imporre nomi o veti di alcun tipo. Per noi l’importante resta l’obiettivo: costruire un’alternativa a Festa e al centrodestra e finora ha funzionato. Le pregiudiziali politiche non vi devono essere o avere un ruolo predominante. La strada è tracciata, dico solo non buttiamo alle ortiche il grande lavoro fatto fino ad oggi sul programma che abbiamo condiviso. Il percorso ha dato i suoi frutti, il metodo funziona. Il vero collante per noi resta il programma - aggiunge l’ex sindaco - Se deve essere un candidato apicale politico e riconosciuto il Movimento Cinque Stelle darà la propria indicazione. Così come sul tavolo è stato messo il consigliere Petracca per il Pd noi potremmo proporre il nostro vice presidente Gubitosa, eletto nel collegio di Avellino e parlamentare di questo territorio. E’ un’ipotesi.Se necessario sarà avanzata una proposta”.

Intanto c’è attesa per la conferenza stampa convocata per domani sabato 13 gennaio dall’ex senatore Vincenzo De Luca. Il suo sarà sicuramente un appello all’unità e al senso di responsabilità, un invito a superare le diffidenze ma non è escluso che De Luca faccia la sua proposta mettendo sul tavolo un nome per riaprire la partita. Politico o civico a questo punto non fa differenza.