Santa Maria Capua Vetere

Un detenuto di 46 anni, ristretto ad alta sicurezza nel reparto Tamigi della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, è morto oggi per un probabile infarto.

A darne la notizia è il sindacato autonomo polizia penitenziaria Sape, per voce del segretario sindacale Sappe del carcere sammaritano Vincenzo Berrini: “Il pur tempestivo intervento dei nostri agenti di polizia penitenziaria di servizio non ha purtroppo impedito la morte del detenuto”, commenta. 

“La situazione sanitaria nelle carceri resta allarmante, come hanno anche confermato in più occasioni anche gli esperti della società italiana di medicina e sanità penitenziaria: altro che emergenza superata”, aggiunge il segretario generale del Sappe Donato Capece. “Secondo un rapporto su "Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere" del Comitato Nazionale per la Bioetica, osservando le tipologie di disturbo prevalenti sul totale dei detenuti presenti, al primo posto troviamo la dipendenza da sostanze psicoattive (23,6), disturbi nevrotici e reazioni di adattamento (17,3%), disturbi alcol correlati (5,6%). A seguire piccole percentuali per i disturbi affettivi psicotici (2,7%), disturbi della personalità e del comportamento (1,6%), disturbi depressivi non psicotici (0,9%), disturbi mentali organici senili e presenili (0,7%), disturbi da spettro schizofrenico (0,6%).

Analizzando le diagnosi per genere, prevale tra gli uomini la diagnosi di dipendenza da sostanze psicoattive (50, 8% degli uomini e 32,5% delle donne), e tra le donne la diagnosi di “disturbi nevrotici e reazioni di adattamento” (36,6% delle diagnosi femminili e 27,1% delle diagnosi maschili).

Arrivano dopo, fra gli uomini, i “disturbi alcol correlati (9,1 % degli uomini e 6,9% delle donne), e fra le donne i disturbi affettivi psicotici (10,1% delle donne e 4,1% degli uomini), i disturbi della personalità e del comportamento (2,4% degli uomini e 3,4% delle donne), disturbi depressivi non psicotici (1,3% degli uomini e 2,8% delle donne)”.

“Le carceri, dunque, assomigliano sempre più a “moderni lazzaretti” di manzoniana memoria”, conclude Capece.

“Ed allora va detto una volta di più, con chiarezza e fermezza, che la tutela e la sicurezza del personale di polizia penitenziaria in servizio presso gli istituti detentivi devono sempre rappresentare il fondamento di qualsivoglia riforma penitenziaria, atteso che le donne e gli uomini del corpo svolgono una funzione essenziale per conto della comunità, prodromica alla sicurezza dei detenuti e di quanti altri sono presenti negli istituti: e ciò rafforza la denunzia di cui da sempre il Sappe si fa portatore in ogni contesto istituzionale (ovvero, proprio la trasfigurazione in moderni lazzaretti che hanno assunto, ormai da molti anni, le nostre carceri per le costanti e continue emergenze sanitarie).