Avellino

Il gran numero di campagna elettorali vissute ( comunali, provinciali, regionali e nazionali) e l’impegno a valutare la produzione di amministrazioni (realizzazioni e comportamenti), mi fecero capire che valutare il comportamento in campagna elettorale delle forze in campo era utile a prevedere la qualità delle amministrazioni successive. Durante la prima Repubblica, con molti mesi di anticipo, rispetto alle data delle elezioni, i Partiti approfondivano le problematiche dell’Ente che aspiravano ad amministrare e presentavano agli elettori le proprie proposte per risolverle.

Ogni Partito, nei Comuni con più di 5.000 abitanti e nelle Province, presentava la sua lista, composta da persone impegnate e conosciute come operatori polittici. Durante le campagne elettorali si confrontavano linee politiche e programmi e ogni Partito proponeva per la massima carica personaggi autorevoli con storia politica e capacità amministrativa. Se nessun Partito raggiungeva la maggioranza assoluta dei Consiglieri dell’Ente, si tentavano accordi per dare un Governo all’Ente. Accordi che avevano come collante punti programmatici. Ciò dava la possibilità agli elettori di capire perché la maggioranza era nata e cosa sarebbe stato concretizzato, durante il periodo amministrativo.

Con l’elezione diretta del Sindaco, vista la quasi impossibilità di vederlo eletto al primo turno, gli accordi avvenivano per il secondo turno, sempre tra liste di Partito, tranne eccezioni. Da quando il civismo ha preso il sopravvento e le tradizionali forze politiche sono scomparse e al loro posto ci sono Associazioni senza una visione del futuro e si viaggia all’insegna del detto “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, assistiamo a improvvisazioni e a scontri non sulla base di programmi, ma sulle caratteristiche dei personaggi.

Ad Avellino, dalle cose che riusciamo ad afferrare, abbiamo l’impressione che la confusione regni sovrana. Nel giro di poche settimane, sono circolati parecchi nomi di candidati a Sindaco. Non abbiamo letto di discussioni e confronti sulle infinite negatività cittadine. Pensiamo che i vari movimenti non le abbiano individuate. Prendiamo, ad esempio, il cosiddetto “Campo Largo”, che comprende PD, 5S, SI, APP e Controvento, e domandiamoci: quale visione della città li accomuna? Il ricorso ad un bravo professionista, che non ha una storia politica, è indicativa di sintesi o di impossibilità a trovare l’accordo su un nome, espressione di uno dei 5 gruppi? Sull’altro fronte, stessa confusione, con un’aggravante, mentre nel campo largo quasi tutti i tessitori hanno respirato aria politica, nel centrodestra, si ha l’impressione che prevalgano altri interessi. In una situazione non chiara, diventa normale la nascita di liste organizzate da persone, provenienti dalla società civile.

Resta il dindaco uscente, che, coerente con il suo modo di pensare, ha bloccato l’attenzione su iniziative ad effetto immediato, non duraturo. Vanno bene i lavori pubblici per sistemare strade e piazze e le iniziative all’insegna del detto “feste, farina e forche”, ma ci sono problemi più importanti per la città, come quelli dello sviluppo, della sanità, della sicurezza e delle nuove generazioni.

Spero che qualcuno incominci a pensarci. Inoltre, Avellino, ha la fortuna di essere capoluogo di un territorio ricco di risorse culturali. Poiché, non possono essere valorizzate dai singoli comuni, il capoluogo, in una logica provinciale, potrebbe adottarle e valorizzarle. Aumenterebbe il fascino del territorio, con conseguenze sul turismo, che sta diventando un settore importante dello sviluppo.