Napoli

Ci muoviamo tutti come a moscacieca. E quel che è peggio è che sembrano finiti in questo gioco anche il presidente Aurelio De Laurentiis, Mauro Meluso, venuto a sostituire Giuntoli, e tutta la dirigenza al gran completo, nuovi (e discussi) ingressi compresi. Certo "il pesce puzza dalla testa", ma qualcosa anche nella coda pare proprio sia andato a male.

Tra addii vecchi e nuovi ci siamo giocati un quid che non sa solo di depauperamento tecnico. Pare che l'ingrediente smarrito sia l'amalgama, quella "fusione di elementi eterogenei o contrastanti in un'unica entità o in un effetto o funzione d'insieme". Ma cosa ha trasformato un gruppo composito di bravi ragazzi dalle doti calcistiche anche non eccelse in un gruppo granitico e armonico pare nessuno lo sappia o almeno la maggior parte dà l'idea di ignorarlo. E per capirci qualcosa non occorreranno altri analisti di calcio o esperti di spogliatoio, basterà riavvolgere il nastro e ripercorrerlo lentamente al contrario fino a cogliere il momento fatidico, l'inghippo malefico, il capo della matassa, l'indizio che svela tutto l'arcano. Io lo conosco e ora ve lo dico.

Un'impresa come quella compiuta dal Napoli la scorsa stagione richiedeva tre elementi che si erano tutti - chissà come - assemblati all'unisono e alla perfezione: la volontà di tutti i vertici decisionali di voltare pagina, rinunciando in un solo colpo a tutti i giocatori più rappresentativi della rosa; la disponibilità di un tecnico pronto a plasmare la squadra a nuovi e più sacri valori ( tecnici e morali); la possibilità di avere a disposizione un supervisore scaltro ed esperto che monitorasse campo, spogliatoio e staff senza darlo a vedere più di tanto al "padrone".

Di chiunque sia stata la colpa e qualunque sia stata la motivazione, tutti e tre questi elementi si sono dileguati, non ci sono più, e niente e nessuno è venuto a integrarli. Anzi. Il tecnico subentrato non era un tecnico (o almeno non lo era da un bel po'). Per direttore sportivo è stato scelto il classico asino in mezzo ai suoni; a Napoli poi, dove ogni zefiro diventa un maestrale. Non ci mancava che il presidente, che ha fatto un po' l'uno e un po' l'altro, fino a far saltare idee, ruoli e certezze (residue) a tutti quanti, Starace compreso. Insomma, un bailamme assoluto si è impadronito della società e della squadra e al povero tifoso ora non resta che camminare "solo e pensoso i più deserti campi", cercando una risposta (che non verrà) alle mille domande che gli ronzano in  testa e ai mille dubbi che gli appesantiscono il cuore. Sperando poi che tanta delusione non muti in rabbia.