Napoli

Tutto è cominciato quando il Napoli si è laureato campione d'Italia dopo una meravigliosa cavalcata di successi e bel gioco. Quella è stata, per assurdo, l'inizio della fine.

Nessuno veramente conosce il segreto di quella impresa, molti si sono attribuiti meriti, qualcuno perfino li avrà, ma la polvere magica, quella nessuno sa da dove sia giunta e dove si possa ritrovare. Va detto che "la grande bellezza" non era nata da un mondo perfetto, da una realtà vergine e incontaminata, bensì dalle "macerie" di una stagione - quella 2022-2023 - che si era conclusa tra i veleni e con gli addii dei calciatori "più rappresentativi" - i cosiddetti senatori - di quella rosa azzurra: Insigne, Koulibaly, Ruiz, Mertens, Ospina e (anche) Ghoulam. Si era spezzata l'ossatura stessa della storia calcistica azzurra recente per un classico "salto nel buio".

Nessuno avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare che (quel salto) sarebbe stato invece alla luce, e la più radiosa e immortale. Da un anno di transizione era diventato un anno di trionfi e meraviglie. Non più di 16-17 ragazzi, alcuni per lo più sconosciuti, erano diventati una corazzata, unita e impenetrabile contro avversari e avversità,  Qualche stecca non era mancata, ma più sui palcoscenici internazionali che su quelli nazionali, ed era comunque passata in carrozza, oscurata dalla straordinarietà dell'impresa che si stava compiendo e dalla famelica prossimità del traguardo.

Poi, come spesso accade, tra dubbiosi e scontenti, depositari della verità o (solo) del capitale, cattivi più che buoni consiglieri, sirene (non Partenope) e streghe, il "giocattolo si è rotto", come hanno amato vanagloriarsi in molti. Per quanto il calcio sia un gioco e per quanto qualcuno gestisca la SSC Napoli come un giocattolo, la partecipazione affettiva ed emotiva dei tifosi agli eventi che hanno preceduto e seguito lo scudetto azzurro sconsiglierebbe ai manipolatori presenti e futuri della realtà calcistica napoletana di raccontare una storia viziata e, perciò, fasulla, e, sopratutto, di proporre soluzioni più rabberciate e sbilenche di quanto non sia stato già fatto.

La "fuga dei cervelli" - questo pare incontestabile sia accaduto - e la scelta delle toppe (in campo e fuori) peggiori dei buchi, hanno finito per lasciare un vuoto tecnico e morale che ancora oggi incombe su ogni uscita della squadra azzurra, su ogni sua gioia e su ogni suo dolore. Benché ciò che è stato fosse di certo frutto di magia, ciò che sarà dovrà farne a meno, perchè quella passa una volta sola nella vita.