“Mi avete ucciso due figli, questo processo è un abuso di potere”. Parole proferite dal 35enne Salvatore Fido, esponente di spicco del Clan Mazzarella durante il collegamento per la celebrazione dell’udienza preliminare a suo carico con le accuse di stalking aggravate dal metodo mafioso. Bersaglio delle minacce l’avvocato del foro di Avellino, Paola Forcione – difensore della moglie del boss che si è costituita parte civile contro l’uomo – il pubblico ministero della Dda, Simona Rossi e il gip Della Ragione del tribunale di Napoli. Il gip ha inviato gli atti in procura e rinviato al processo al 10 gennaio.
La fuga della moglie
A denunciare Fido Salvatore la moglie che dopo il suo arresto ha deciso di allontanarsi dall’ambiente malavitoso e di cambiare vita, insieme ai suoi due figli minori. Ma il 35enne riesce tramite i suoi sodali a trovarla e a minacciarla anche dal carcere nel quale è rinchiuso dal 2018. Dalle ulteriori indagini è emerso che Fido, sfruttando la sua posizione di primo rilievo all'interno del cartello camorristico, riusciva, nonostante fosse già detenuto, a tenere sotto controllo la moglie: la faceva seguire da alcune persone, vicine al clan, che si sono praticamente occupate di "monitorare" costantemente gli spostamenti della vittima. La donna, esasperata, era stata costretta ad abbandonare la sua abitazione a San Giovanni a Teduccio, Napoli Est e ha chiesto aiuto alle varie associazioni. Per alcuni mesi è stata accolta dalla Casa Rifugio "Antonella Russo" in provincia di Avellino. In questa occasione è stata affiancata dall'avvocato Paola Forcione.
L’arresto di Salvatore Fido
La polizia di Napoli ha arrestato Salvatore Fido, elemento di vertice del clan camorristico Mazzarella nell’ottobre del 2018. Il 30enne, latitante, era destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel febbraio del 2018 per associazione di tipo mafioso. I poliziotti del Servizio centrale operativo e della Squadra mobile, con il supporto della polizia scientifica, lo individuarono in una villetta alla periferia di Giugliano. A lui sarebbero da ricondurre gli scontri e le 'stese', raid armati a scopo intimidatorio, nei confronti del clan rivale Rinaldi.