Nel furioso dibattito sulla magistratura, mi schiero dalla parte di chi sostiene la necessità di dare pagelle ai giudici e di separare le carriere. Spiego perché raccontando una storia della quale conservo, foglio dopo foglio, tutto il fascicolo processuale.
All'epoca Ottopagine era ancora in versione cartacea. Veniva stampato a Lioni. Di conseguenza, ogni virgola sbagliata che sfociava con una querela finiva in un fascicolo davanti ai giudici dell'allora tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi.
Visto che ho sostenuto ben 29 processi per diffamazione, e ribadisco processi, posso parlare con cognizione di causa di procedura standard, ovvero ripetuta 29 volte, sempre uguale.
Dettaglio rilevante per quel residuo di reputazione che difendo: su 29 processi ne ho persi due e sempre per responsabilità oggettiva, ovvero in qualità di direttore responsabile. Mai per cavolate scritte da me. E di quelle due, una me la sono trovata addosso mentre ero ricoverato in Svizzera per un tumore.
Il fatto. Il titolare di un locale notturno presenta una dettagliata querela perché Ottopagine ha raccontato di una violenta scazzottata avvenuta davanti l'ingresso, con tanto di fotografia. In pratica, questo signore si sentiva danneggiato perché l'immagine del suo locale era stata pubblicata a corredo dell'articolo, collegando la violenza al suo locale.
Dettaglio: la rissa è finita anche su altri due giornali, di cui uno nazionale.
Funziona così. L'avvocato impacchetta la querela e va dai carabinieri. I carabinieri la ricevono e la trasmettono al magistrato competente.
Questi, come primo atto, ordina ai carabinieri di prelevare la copia del quotidiano che ha riportato la notizia e determinare, con certezza, l'autore dell'articolo e le generalità del direttore responsabile, sempre chiamato in causa per “omesso controllo” sulla pubblicazione.
Il pm, ottenuta copia del giornale e generalità degli indagati, dovrebbe effettuare un minimo di controllo. Magari sfogliando almeno il giornale. Macché. Ribadisco: ho le carte.
Il pm in questione fa il copia e incolla degli articoli del codice di procedura penale violati eccepiti dall'avvocato di parte e spedisce tutto al Gip, giudice delle indagini preliminari. Che le indagini preliminari non le fa: ovvero io come direttore non sono mai stato chiamato a chiarire in via preliminare. Il Gip istruisce il fascicolo e lo consegna al Gup che, pure lui, sentito il pm, procede con il rinvio a giudizio.
Piccolo riepilogo: un pm, un gip e un gup hanno già “preso visione” del caso. Si va davanti al giudice monocratico. Nel frattempo sono trascorsi almeno due, tre anni e l'ufficiale giudiziario bussa al citofono almeno quattro volte per notifiche varie. Il che ti trasforma nel condominio in un mezzo criminale inseguito dalla giustizia.
Per la prima volta davanti a un giudice, finalmente vengo chiamato a deporre. L'avvocato della parte lesa incalza con le domande velenose... lei è il direttore... lei dovrebbe evitare che... lei risponde ha creato danni enormi... Apro la copia del giornale e, rivolgendomi al monocratico, sommessamente mi difendo: «Giudice ma qui non c'è alcuna foto a corredo e, se uno scorre l'articolo, il nome del locale non è mai stato menzionato. Quindi, di cosa devo rispondere»?
Il giudice monocratico di Sant'Angelo dei Lombardi sobbalza, il pm balbetta e prende a sfogliare nervosamente il fascicolo, l'avvocato della parte lesa si ammutolisce e perde la sua protervia. Solo io e il mio avvocato difensore (l'onnipresente Italo Benigni e il suo sarà l'unico nome che faccio) ci scambiamo un'occhiata malandrina ma liberatoria.
Il monocratico sfoglia il giornale, verifica che la copia corriponda effettivamente al giorno “contestato”, realizza che non ce ne sono altre sotto accusa e mi licenzia. Dopo quattro anni, sette mesi e 18 giorni, sei notifiche dell'ufficiale giudiziario e una montagna di carte che si sono riempite di timbri, numeri di protocollo e passaggi da una cancelleria all'altra, le valutazioni di un pubblico ministero, un giudice delle indagini preliminari, un giudice delle udienze preliminari la verità si è rivelata in tutta la sua banalità: l'articolo con la foto era quello del giornale nazionale. Insomma, fischi per fiaschi.
Ora va chiarito che un gip fa anche il gup e che gip e gup sono anche monocratici. Così com'è organizzata la magistratura anche un pm può chiedere di diventare un giudice.
Un caso del genere che voto meriterebbe in una pagella? E se ci fosse stata ai tempi una valutazione, pensate che un pm, un gip o un gup, non tanto per amore della verità, ma sicuramente per tutelare la propria carriera, almeno la copia del giornale l'avrebbero aperta o no?