Napoli

Parto dalla fine, dall'arbitro di Atalanta-Napoli. E lo faccio solo perchè abbiamo vinto, sennò me ne sarei guardato bene. Ho capito come sarebbe stata la direzione di gara quando Maurizio Mariani da Roma, uno degli arbitri più scarsi della Via Lattea (ma a guardar bene la mediocrità potrebbe non essere il nostro solo problema con lui), ha ammonito al 21esimo il mite Natan, al suo primo fallo, uno di quelli di gioco, lontano dalla porta e affatto cattivo. Il resto del tempo lo ha dedicato a chiudere gli occhi su tutti (e dico tutti) gli interventi fallosi degli orobici sugli azzurri, in particolare su quelli ai limiti del codice penale del subentrato Hateboer su Kvaratskhelia, senza che il nerazzurro sia poi neanche stato ammonito. Peraltro non è che i suoi esimi collaboratori comodamente seduti al caldo della sala VAR abbiano dato miglior prova di loro annullando a Rrahmani un gol che, anche a rivederlo (quando ci hanno fatto l'onore di farcelo rivedere) è sembrato regolare.

Detto ciò, che ritenevo dovuto, in quanto auspico di poter ancora assistere a un campionato regolare, il ritorno di Walter Mazzarri su un campo di serie A e sulla panchina del Napoli è stato più felice di quanto previsto dal sottoscritto e da un folto gruppo di noti ignoranti del pallone come me. E i motivi non sono tutti ascrivibili alla vittoria sic et sempliciter.

(Ri)vedere una squadra che si muoveva secondo una logica, almeno nel primo tempo, quando il Napoli è sembrato ritrovare leggerezza e pulizia, peraltro non tanto difforme da quella che aveva l'anno scorso, è stato già di per sé di conforto alle nostre coronarie messe a dura prova da monsieur Garcia.

Ma quello che mi ha rincuorato di più è il fatto che la squadra è (ri)sembrata come d'incanto unita e felice, i calciatori tra di loro e questi ultimi (udite udite!) con l'allenatore. Lo testimoniano gli abbracci di fratellanza durante e di felicità dopo il match, i baci non solo di incoraggiamento al povero Olivera, gli applausi finali finalmente convinti ai tifosi.

Ma più di tutto c'è stato lui, il tecnico livornese, tanto sconsigliato da me sia in pubblico che in privato, che ha messo il cuore davanti alla ragione in ogni cosa che ha detto e fatto in queste prime due settimane a Napoli. E, più di tutto, egli ha ridato ai suoi calciatori l'orgoglio di essere i campioni d'Italia e la volontà di difendere quel privilegio. È appena l'inizio, lo so, ma solo così si arriva lontano. Alla faccia dei Mariani e dei Di Bello - quello di Milan-Fiorentina - che, sono certo, ancora verranno.