Avellino

Due le camere di consiglio che hanno contraddistinto l’udienza di oggi per il processo Aste Ok. Il pubblico ministero Henry Jhon Woodcock ha chiesto “l’acquisizione dei verbali delle sommarie informazioni testimoniali di D.M. e C.D.N. rese ai carabinieri in fase di indagine”. Il tribunale di Avellino presieduto dal giudice Roberto Melone ha rigettato la prima richiesta. Ma Woodcock ha formulato la stessa richiesta chiedendo anche al tribunale di Avellino di fare una valutazione d’ufficio del regime cautelare per l’imputato F.G ( al momento ai domiciliari), ma al momento non vi è nessuna decisione in merito. Dopo la seconda camera di consiglio il tribunale ha accolto le richieste di Woodcock e dunque le sit inziali rese dai C.D.N, C.D.N e D.M confluiranno nel fascicolo dibattimentale.

Gli ulteriori indagati

Nel filone processuale, a luglio scorso, sono confluiti nuovi atti dai quali emergono tre nuovi indagati. Le nuove iscrizioni nel registro degli indagati emersero dagli atti aggiuntivi depositati presso il tribunale di Avellino dagli agenti del nucleo di polizia economica finanziaria di Napoli. Gli indagati sono C. D. N. di Montoro, C.D.N. residente a Montoro e D.M. residente a Volturara Irpina accusati di falsa testimonianza, calunnia con l’aggravante di aver agevolato il clan.

 

Le accuse

Dagli ulteriori accertamenti patrimoniali ed economici effettuati sul conto dei tre indagati, gli inquirenti sostengono che i tre testimoni della procura con le loro condotte avrebbe agevolato il Nuovo Clan Partenio con consapevolezza pur perseguendo fini personali. In particolare gli inquirenti, grazie ad un lavoro di confronto di dati patrimoniali ed economici con le intercettazioni ambientali, sono riusciti a ricostruire le condotte dei tre nuovi indagati. Gli inquirenti sostengono che i tre in aula – durante la loro escussione – avrebbero raccontato il falso volutamente.

I tre riferirono che i carabinieri (iscritti nel registro degli indagati per falso, corruzione e violenza privata, posizioni archiviate il 28 giugno) avevano riportato dichiarazioni differenti rispetto a quelle rese realmente durante le indagini. Con una serie di “non ricordo” riuscirono a bypassare, momentaneamente, le domande scomode poste dal pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ovvero C.D.N in aula sostenne di non ricordare se avesse o meno consegnato del denaro all’imputato Gianluca Formisano (difeso dall’avvocato Taormina) per desistere dal partecipare ad un’asta immobiliare. C.D.N. riuscì ad aggiudicarsi i beni finiti all’incanto, ma l’indomani - stando all’accusa – versò 5mila euro a favore di Formisano.