A guadagnare più di tutti col Superbonus non sono state le imprese di costruzioni, ma lo Stato. È quanto emerge dai dati di uno studio dell'istituto di ricerche Cresme. La quota maggiore degli introiti non è stata affatto per il settore edilizia, come più volte (impropriamente) si è sostenuto, ma per le casse del fisco.
Le aziende hanno beneficiato solo per il 21,8% dei totali 97 miliardi di euro di erogazioni in incentivi. Per la restante quota ci sono: il settore servizi con il 26%, diviso tra progettazione e consulenze di varia natura, tra cui sono incluse anche le banche e gli intermediari finanziari. Infine, il 12% circa all’industria manufatturiera che ha fornito i materiali.
La percentuale più alta, del 34%, è rientrata allo Stato sotto forma di tasse: Iva, Ires e Irpef dei lavoratori. Una percentuale consistente che collima con la stima dell’Ufficio Studi di Federcepicostruzioni e del Consiglio nazionale dei commercialisti.
“Qualche riserva sui dati Cresme – commenta il presidente nazionale di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi – non in linea con i nostri studi, la percentuale indicata relativa ai costi di monetizzazione praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari che stando alle nostre rilevazioni incide dal 25 al 30%: siamo fuori da ogni logica e da ogni regola di mercato. Ancora una volta l’elaborazione dei dati macroeconomici sfata il mito che a beneficiare del Superbonus 110% siano state soltanto le imprese di costruzioni”.
“Auspichiamo ora un sollecito intervento affinché si conceda una proroga di almeno sei mesi – conclude il presidente Lombardi – che consenta il prosieguo e il completamento dei lavori già iniziati. Il termine di fine anno è assolutamente improponibile e, se non dovesse intervenire sollecitamente una proroga, le conseguenze potrebbero essere molto pesanti non solo per le imprese e le famiglie che hanno beneficiato del Superbonus ma anche per tutto il sistema economico”.