Benevento

(f.s.) Mattia Ubaldi è laureato in Ingegneria gestionale e lavora per Amazon, ha 33 anni ed è di Ladispoli, il “mare in provincia di Roma”. La passione per il calcio l'ha sempre avuta, ma a giocare non era molto capace, tanto che già nel 2010 provò ad entrare nel mondo arbitrale. Nel Lazio ha fatto tanta gavetta, fino a che nell'estate del 2020 è stato promosso in Lega Pro. L'altra sera al Vigorito era alla sua sesta partita stagionale di Lega Pro, la quarta nel girone C. Era già stato allo Scida (Crotone-Picerno 2-1), al Partenio (Avellino-Cerignola 1-0) e al Fanuzzi (Brindisi-Catania 0-2). Abbastanza chiacchierata la sfida di Avellino, con l'espulsione dei portiere del Cerignola uscito in largo anticipo a centrocampo e per il gol irpino all'ultimo secondo, forse in fuorigioco.

Al Vigorito ha diretto una partita controversa: ha tollerato interventi da “wrestling” nell'area giuglianese, ha sdoganato la tesi che in A e B si gioca uno sport diverso dalla C. Un po' per colpa del Var, che monitora qualsiasi cosa e consente di punire anche il più invisibile del falli. In C il Var non c'è, ma non per questo dovrebbero essere consentite scene come quelle verificatesi per una decina di minuti nell'area del Giugliano. Strattonamenti, maglie tirate, addirittura blocchi per tenere qualche giallorosso fuori dal campo. Il Var avrebbe trovato persino tre rigori nella stessa azione e ci sarebbe scappato anche qualche cartellino rosso, il buon Ubaldi invece ha lasciato sempre correre, andandosela anche a prendere con qualche giallorosso che protestava. Si dice: la serie C, soprattutto il girone meridionale è così, ogni partita è una battaglia e non c'è spazio per squadre che non abbiano nelle loro fila giocatori fisici e che non si adeguino a durissimi “corpo a corpo”. La C che la strega aveva lasciato sette anni fa era assai diversa, questo è uno sport diverso. E non ci piace per niente.

Nella foto Taddeo uno dei momenti di "battaglia" nell'area del Giugliano