Napoli

Ci si capisce poco di questo campionato, anche Antonio de Curtis, in arte Totò, avrebbe dovuto arrendersi a questa evidenza. La somma non fa il totale, mai come nel calcio, mai come in questo campionato di Serie A. Eccetto l'Inter che, pure con qualche piccolo inciampo, peraltro senza particolari danni collaterali, va a gonfie vele, le altre fanno più piangere che ridere, compresa la osannata Juventus, che "trionfa" di stramacchio in due partite giocate "ma male male male", facendo della Fiorentina uno squadrone di poco inferiore al Real Madrid di quest'anno (per la verità c'erano riusciti benissimo anche gli azzurri) e dello stramazzato Cagliari - quart'ultimo con una partita in più - una regina di prima grandezza da cui salvarsi (anche qui) per il rotto della cuffia.

Del Napoli odierno - l'ho detto e lo ripeto - penso tutto il male possibile, che, meramente in termini di punti, aspirasse a rappresentare la terza forza del campionato o meno. Non lo era né sul piano del gioco né su quello dei valori sportivi ed etici. Essì, sembra strano a dirsi, ma da queste parti teniamo ancora ai comportamenti degli uomini e alle loro parole non vane, che coloro che le pronunciano tirino calci a un pallone o salgano su uno scanno ad aizzare folle affamate e oppresse. Una volta qui c'erano Diego Armando Maradona - il masochista che poteva giocare fino a 50 anni su una gamba sola, la sinistra, ma che per fragilità, boria, passione, guasconeria, amore per la vita e per le sue rese incondizionate fece del male solo a sé stesso - e Luciano Spalletti - il filosofo epicureo, capace di vivere in branda come un soldato spartano e raccontare verità imperscrutabili - a fare da collanti in un mondo diseguale e disunito, ma anche capace di creare e trasmettere un calore unico e irripetibile a chi rincorre un pallone e a chi lo rende disponibile, un fuoco più avvolgente e obliante del paradiso dantesco, più maledetto e imperituro dell'inferno di Plutone. Questa cosmica combinazione, che cambia puntuale il destino di tutti, rendendo ogni momento impareggiabile, ci impedisce di accontentarci, di farci pecora quando siamo nati solo e per sempre leoni, a costo di estinguerci. Nessuno lenisca le nostre ferite con l'unguento del "mutamento necessario", nessuno si arroghi il diritto di spiegarci il calcio, le sue storture e le sue contraddizioni, nessuno ci chieda di avere buonsenso o pazienza. A me, e a molti come me, non importa "vincere a tutti i costi", per noi conta di più il sogno epico di un ragazzo ribelle e il suo inestinguibile "pensiero felice".